Del catcalling

Ieri sulla bacheca di un’amica ho avuto uno scambio piuttosto spiacevole. Lei si era lamentata che, vestita con la divisa della Croce Rossa, qualcuno l’avesse apostrofata dicendole “Se perdo i sensi mi rianimi?!”, un classico esempio di catcall.

La cosa sarebbe rimasta lì se un genio non avesse pensato di commentarla così “Sono convinto che fosse un complimento e in fondo ti abbia fatto piacere…”
Eccola lì, la risposta del maschio medio, quello convinto che sì, alle donne piace essere trattate come bestie a cui fischiare o peggio.

All’inizio non volevo rispondere, perché non è mia abitudine lanciare flame sulle bacheche altrui, così ho scritto in privato all’amica dicendo quello che pensavo e lei mi ha dato via libera a rispondere in pubblico.

Di seguito lo scambio con in grassetto le mie risposte e in corsivo le sue. All’interno commenterò le sue risposte per approfondire.

Immagino non sia voluto, ma è esattamente la frase che usano buona parte di quelli che giustificano molestie o peggio. “Volevo solo fare un complimento”. È chi riceve certe frasi a decidere se una cosa è un complimento o meno e se non la ritiene si accetta e si evita. E magari un giorno ci evolveremo dalle caverne e metteremo giù quella cazzo di clava.

Se cominciamo con il considerare molestie le parole, magari usate in tono simpatico allora non ne usciamo più. Perchè nella mia vita ho detto cose anche ben più moleste di questa. Finchè ci si limita alle parole, senza peraltro cadere in volgarità credo sia opportuno rispondere con un sorriso e andare avanti. Di sicuro non giustifico che usa le mani. Mai.

[Partiamo da qualche considerazione spiccia. Si inizia dicendo “parole magari usate in tono simpatico”. Il tono simpatico chi lo decide? Chi dice le cose o chi le subisce? Se tu pensi di essere simpatico allora sei autorizzato a fare qualunque cosa ti venga in mente? Vogliamo ricordare che, allargando il discorso dalle già gravi molestie, il bullismo si maschera dietro il “voler scherzare”? Ci ricordiamo che poco tempo fa un ragazzo è stato sodomizzato con un compressore “per scherzare”? Allora, ci vogliamo decidere una volta per tutte che “il tono simpatico” lo decide chi quel tono lo subisce o no? Vogliamo capire che non siamo automaticamente autorizzati a dire e fare quel che cazzo ci pare solo perché ci sembra simpatico o perché abbiamo gli ormoni che non sanno stare al loro posto? E poi aggiunge “nella mia vita ho detto cose anche più moleste”. E lo dice come fosse giusto e normale, non come fosse grave. La colpa, si sa, è di chi dall’altra parte è troppo permalosa. Ma la cosa importante, perché questa è l’unica cosa che conta, è che non giustifica chi usa le mani. Ah no, quelle no. Grazie tante, vostra grazia.]

Vatti a leggere un po’ di studi. Vatti a leggere un po’ di esperienze. Vai, soprattutto, a parlare con donne molestate e chiedi quante donne lo vivano come complimento o come insulto. La tua frase è stata una (piccola) violenza. Lei ha detto esplicitamente cosa ne pensava e tu hai deciso che in realtà le è piaciuto. Perché? Chi ti dà questo diritto se la persona in questione si è espressa diversamente? Che differenza c’è tra “ha detto no ma voleva dire sì”? Che tu non lo faresti? Buon per te, ma questa è una questione di cultura e si parte anche da questo. “Non ne usciamo più”? Hai ragione. Se si considera a dire che le parole non sono molestie non ne usciamo più.

Caro Aries, nella vita certe volte si dicono e si fanno sciocchezze, con l’intento di attirare l’attenzione o di strappare un sorriso. Essere in grado di scindere chi vuole offenderti da chi ti sta simpaticamente facendo un complimento sta a chi riceve quelle parole. Poi io ovviamente non ero presente e tutto il non verbale non l’ho visto. Limitandomi a leggere ti dico che magari c’è malizia però non mi sembra abbia usato parole eccessive.

[Il “caro” a inizio frase è la classica minaccia implicita di chi si sta rompendo le palle. Ed ecco che si gira l’attenzione sul destinatario che “non è in grado di scindere”. Invece non ci si pone la questione del fatto che chi comunica dovrebbe chiedersi se sta facendo bene. Quello è assodato. Ma attenzione, oltre a sottolineare la “simpatia”, si inizia a mettere le mani avanti. “Non ero presente, però…”. Non era presente, ma era “convinto che a lei avesse fatto piacere”. Convinto. Ripeto, convinto. E l’importante non è il fatto in sé, l’importante è che a lui le parole non sembrano eccessive]

Caro xxx, forse sarebbe il caso di partire dal presupposto che quello che gli anglosassoni chiamano catcalling non è cosa gradita a prescindere. E forse non si dovrebbe pensare “in fondo ti ha fatto piacere” soprattutto se è già stato detto di no e se, oltretutto, non si era presenti. Forse.

Sul fatto che le abbia fatto piacere o meno è una decisione sua su cui io sono entrato sperando di strapparle un sorriso provando a dargli un punto di vista diverso. La decisione rimane sua. Non era sicuramente mia intenzione offenderla o dirle “hai capito male”. Io se avessi voluto fare colpo avrei cercato qualcosa di più originale. Ma non tutti gli uomini sono dotati di originalità e inventiva.

[Dato che il “caro” non ha funzionato, si passa alla difesa a oltranza. Ora voleva solo essere simpatico e non voleva dire che avesse capito male. (Però era convinto, lo ricordo). Voleva fornire un punto di vista “diverso”, ovvero lo stesso punto di vista che ogni donna si sente sbattere in faccia da quando ha sei anni. “Ti tira i capelli perché gli piaci”. “Ti prende a sberle perché ti ama ed è esuberante”. Non cambia un cazzo. E attenzione a come sposta il focus di nuovo sul contenuto. Non è grave sia stato fatto, è grave che il tizio in questione non fosse stato in gamba quanto sarebbe stato  lui. Lui che, ricordo, “ha detto in passato cose ben più moleste”. Un vero uomo, insomma.]

Il problema è che quel “punto di vista diverso” è soltanto il punto di vista che viene costantemente usato per giustificare. Non ti sto dicendo che le tue intenzioni fossero sbagliate, ma le intenzioni devono confrontarsi coi fatti. E se ci si iniziasse anche solo a porre il dubbio che è sbagliato e che questo modo di pensare giustifica (anche non volendo) altre cose, sarebbe un inizio. E vedi, tu parli di originalità, io ripeto che è sbagliato a priori se non hai la certezza che l’altra parte gradisce (e la certezza deve venire dall’altra parte, non da te). Non si parla di intenzioni, si parla di effetti. E, in ogni ambito, l’effetto non lo decide chi agisce, ma chi subisce/riceve. Buona giornata.

Probabilmente se ogni volta che agiamo ci fosse la certezza che venga recepito correttamente dall’altra parte il mondo sarebbe immobile e la razza umana si sarebbe estinta, che non è detto fosse un male. Ciao.

[Notato lo stile? In due frasi ha implicitamente detto che i rompicoglioni come me non dovrebbero nascere e che, attenzione, se non ci fossero certi comportamenti non si tromberebbe e quindi la razza umana si estinguerebbe. Devo davvero commentare?]

Accidenti. Senza catcalling non ci si riprodurrebbe. Tu pensa. Buona vita.

 

Bene, penso che sia abbastanza evidente il tutto. Ma chiariamo ancora qualcosa.

  1. il catcalling è MALE. Sempre e comunque. È molestia e come tale dev’essere trattata. Non c’è simpatia che tenga, non c’è originalità, non ci sono intenzioni che contano. Il catcalling è una molestia. Punto. Ci sono donne che potrebbero trovarlo gradevole? Certo. Così come ci sono uomini che si fanno dare calci nelle palle per eccitarsi, il che non significa che le donne siano autorizzate ad andare in giro a testare finché non trovano quello giusto.
  2. L’ho scritto e lo ripeto: se uno scherzo, una battuta, un comportamento sono accettabili lo decide esclusivamente chi è dalla parte passiva. Non chi li genera. Non ha un cazzo di importanza l’intenzione. Nessuna, se poi la persona non la percepisce come tale. Potreste trovarvi davanti persone estremamente permalose che se la prendono per uno scherzo innocente? Sì. E, indovinate, hanno ancora ragione loro, perché non è scritto da nessuna parte che debbano subire un vostro scherzo. Qualunque tipo di comportamento richiede la consapevolezza di chi si ha davanti. Si chiama contestualizzazione. Imparate, cazzo.
  3. Dire che “alzare la mani” non è giustificato non vuol dire condannare tutto ciò che porta a quel punto. Se diciamo che una donna se la prende troppo e non sa distinguere, stiamo giustificando chi l’ha molestata. Il passo successivo è dire che lo stupro è meno grave se una donna è in minigonna o ha flirtato. O ancora giustificare uno sfregio con l’acido con il “troppo amore”. Che dite? Già succede? ESATTAMENTE.

Ieri ho condiviso questo scambio e molte amiche mi hanno ringraziato. Ovviamente non è il ringraziamento quello che conta, ma è il fatto che siano costrette a stupirsi che un uomo prenda le loro difese a oltranza. Perché la cultura attuale non le difende e troppi uomini, anche se magari non lo fanno, lo considerano poco importante. Appunto, uno scherzo. Non lo è. Non lo è mai. E io spero che arriverà prima o poi il giorno in cui non dovrò scrivere un post come questo.

Ma intanto eccoci qua.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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