Let go
Nella mia vita, l’ho sempre detto, il cambiamento è stato una fonte di vita, di sostegno, qualcosa di indispensabile e imprescindibile.
Parlare genericamente di cambiamento, però, sarebbe scorretto e, per certi versi, una menzogna: non tutti i cambiamenti, ovviamente, sono altrettanto bene accetti e anelati, anzi, molti quando arrivano sono traumi difficili da gestire, quasi insostenibili, spesso quanto meno dolorosi.
Se vogliamo, la maggior parte dei cambiamenti è così ed è quello che spaventa la maggior parte delle persone: soffrire nel durante e non avere un’adeguata ricompensa dopo; peccato che la ricompensa dopo sia, nella maggior parte dei casi, il risultato di come noi affrontiamo il cambiamento stesso e non un pacchetto regalo che ci arriva dopo aver superato un livello.
Quindi si torna all’inizio: quasi ogni cambiamento è un dono, ma a volte si tratta di doni che distruggono per darci modo di ricostruirci sopra; a noi decidere se piangere sulle macerie o se invece usarle come base per il nuovo che potrebbe arrivare o potremmo costruire.
Questa è la differenza tra chi ce la fa e chi crolla, soltanto questa.
Eppure, in tanti anni, ho imparato ad abbracciare (a volte) e a gestire (altre) i cambiamenti in corso, spesso prendendoli per le corna e cavalcandoli, cercando di guidare io stesso la direzione una volta capito che il treno era partito.
Penso al lavoro, penso a relazioni, penso ad amicizie (e alla loro fine): quando ho potuto ho preferito anticipare il cambiamento o tagliare dov’era necessario, per evitare che la transizione fosse troppo lunga e dolorosa; questo, però, ha comportato che non imparassi a gestire una situazione che mi è rimasta ostica a lungo: lasciar andare.
Per me lasciare andare è sempre stato un problema. Prendere atto che situazioni possono cambiare e che alcune cose o persone non possono più far parte della nostra vita, mi è sempre sembrato una sorta di resa.
Per di più ho sempre patito il pensiero del “non vorrei che un giorno l’altra persona – se parliamo di rapporti interpersonali – mi venisse a dire che aspettava una mia mossa che non c’è stata”: non volevo essere quello che non aveva agito. Non volevo questa responsabilità, a meno che non fosse una mia decisione.
Poi, soprattutto nell’ultimo anno, qualcosa è cambiato. Le mie energie non potevano più concentrarsi su tutto e, sopratutto, non potevo essere io quello che cercava. Semplicemente non potevo. Così ho dovuto venire a patti con me stesso e rendermi conto che quel mio limite andava superato: non in questi termini, ma in modo automatico, non agendo quando in passato invece l’avrei fatto.
Ho compreso (o, meglio, mi sono ricordato), in questo modo, che qualunque tipo di interrelazione si mantiene solo se lo sforzo è bidirezionale: ogni altro tipo di impegno è inaccettabile e scorretto se protratto troppo a lungo (è normale che ci siano periodi di oscillazione; normale e naturale). Così ho imparato a lasciare andare. Ho compreso che non sempre è necessario il botto, il chiarimento, la parola fine ufficializzata o l’ennesimo sforzo più o meno inutile. A vole, semplicemente, le cose si consumano fino a sparire. Non piace, non è gradevole, ma succede. A volte per colpa di una persona, a volte per colpa di entrambi, a volte, banalmente, perché le situazioni e le persone cambiano.
Inutile, a quel punto, fare accanimento terapeutico, cercare punti fermi che sarebbero forzati o fingere cose che non esistono più: si prende atto, si accetta e si va avanti con la propria vita.
Si fa pulizia di energie e mentale, per permettere ad altro di occupare spazi che contenevano solo degli segnaposto.
Lasciare andare.
È una delle lezioni più importanti che abbia imparato negli ultimi 24 mesi e che spero possiate già aver imparato o imparare: lasciar andare ciò che non ci appartiene più (o non ci è mai appartenuto), ciò che non è nostro, siano essi oggetti, persone, luoghi, situazioni. Lasciar andare ciò che non ci vuole. Chi non ci vuole. Ciò che non è adatto a noi e chi non ha intenzione di esserlo.
Fa paura, ha sapore di perdita, e invece è un enorme guadagno sul lungo periodo.
Una lezione che, di nuovo, mi ricorda di quanto, il cambiamento, sia davvero vitale. Anche quando dobbiamo accettare di lasciar andare.
Anche quella è pelle che muta.
E quella sotto è sempre più bella.