I tre Re
Doveva essere il 1981 o al massimo il 1982. Era dicembre, penso il ponte dell’Immacolata e io andai con mio padre (caso più unico che raro) a trovare i parenti in Calabria.
Ho ricordi più simili a istantanee che a intere giornate.
Ricordo dei fuochi d’artificio che mi sembrarono immensi.
Ricordo un mio cugino che disegnava una macchina da corsa.
Ricordo l’odore tipico della stufa a legna.
E ricordo la casa in cui andavamo a dormire che, se non erro, era di mia nonna e non ci viveva nessuno. Una casa a due piani, che in quanto disabitata era gelida, tanto da farci entrare e rimanere col giubbotto fino a quando ci si sdraiava sotto le coperte.
Era una casa arredata in modo vecchio anche per allora, con mobili pesanti, un letto alto e duro in ferro battuto e, sul mobile scuro lì vicino, immagini di santi e la foto di un fratello di mio padre morto anni prima che mi sembrava gli somigliasse tanto e che non avevo mai sentito nominare.
Quella stanza dava su un balcone e una notte, uscendoci, vidi un cielo stellato meraviglioso.
Sopra di noi splendeva Orione con la sua tipica cintura così immediatamente riconoscibile.
Mio padre mi raccontò che loro chiamavano quelle tre stelle “i tre Re”: fu una delle prime volte che guardai il cielo affascinato e penso che nacque da lì la mia voglia di saperne di più; e pensare che solo parecchio tempo dopo intuii che i tre Re dovevano essere i Re Magi.
Perché racconto tutto questo stasera?
Perché capitano sere come questa, in inverno, che vado sul balcone per motivi banali come buttare la spazzatura e, ancora, capita che faccia freddo e ci sia un bel vento che spazzi il cielo.
In quelle sere, come oggi, alzo gli occhi e può capitare che quelle tre stelle splendano proprio sopra di me.
I tre Re.
Oggi come trentacinque anni fa su un balcone di Borgia.
E quel bambino torna per un po’ a sorridere rapito.