In diretta dal passato. O forse no.
Oggi, quasi per caso, su Facebook sono partiti una serie di commenti tra miei ex-compagni delle medie, a ricordare momenti di quegli anni.
Mi ha colpito vedere come diversi di loro avessero ricordi limpidi e impressi di varie cose: io mi sono trovato più di una volta a dover fare mente locale su quale fosse un professore che stavano citando o che voce avesse, figuriamoci ricordare aneddoti.
È strano, perché passando agli anni successivi, quelli delle superiori, i ricordi sono spesso vividi, anche se ovviamente più concentrati negli ultimi anni, ma di quei tre anni ho sopratutto un insieme di flash che si sovrappongono, oltre alle tante sensazioni e sapori rimasti a distanza di anni.
Mi sono chiesto perché, ma parte della risposta penso di averla: essendo stato per lungo periodo l’outsider, non sono stati molti gli istanti che mi sono rimasti impressi. Non avevo molti momenti belli da fissare e non avevo molte persone con cui condividerli, due elementi che non aiutano a lasciare un posto nella memoria, probabilmente.
E un altro fattore, venuto fuori proprio stasera, è l’assenza di foto.
È strano pensarci, ora che scattiamo (e scatto) foto in qualunque istante, tirando fuori il cellulare e accumulandone a migliaia: a quei tempi le foto erano solo con le macchinette fotografiche, più o meno economiche, e, forse, con le usa e getta (che però non ricordo se esistessero già). Per fare foto dovevi decidere di farle e deciderlo a priori: portarti dietro la macchina fotografica, carica di un rullino non esaurito, e non potevi certo sprecare scatti, considerando anche il costo dello sviluppo.
Per cui, mi rendo conto, io non ho quasi sicuramente foto legate alla scuola scattate in quei tre anni. Niente. Ho foto di quegli anni legate all’estate, al Natale, a qualche compleanno: a quegli eventi che diventavano da fotografare. Ma la scuola? Quella è andata persa nella memoria, racchiusa in pochi flash o immagini isolate.
Ricordo quella che ritenevo la più carina della classe durante il primo giorno di scuola: io ero ai primi banchi, lei in fondo, capelli lunghi castani. Mi rapì da subito e fu di certo una mia mezza cotta per mesi. Non lo seppe mai. Credo.
Ricordo una ragazza con cui strinsi amicizia per settimane (mesi?) salvo poi litigare del tutto e non rivolgerci più la parola. Cambiò poi scuola, non la rividi più, così come un altro ragazzo che se ne andò alla fine del primo anno, se non ricordo male.
Non ricordo quasi nulla della seconda media, come un’unico insieme poco definito.
Ricordo, per forza di cose, sberleffi e prese in giro. Non nello specifico, ma come quel tipo di rumore di fondo con picchi più o meno assordanti di cui ti rendi conto quanto è invadente solo quando termina.
Ricordo, per onestà intellettuale, che sapevo essere fastidioso e irritante. Probabilmente mi irriterei, mi incontrassi ora.
Ricordo il cambio di professori quasi totale e, sopratutto, l’enorme cambiamento nei rapporti coi miei compagni, che mi portò a vivere molto meglio l’ultimo periodo di quei tre anni; mi sentivo finalmente “parte di” invece che “escluso da”, tanto che sentii parecchio il distacco alla fine, consapevole che col passaggio alla nuova scuola tutto sarebbe probabilmente ricominciato da capo (e infatti…).
E di quell’anno ricordo che la ragazza che mi colpì in prima si tagliò i capelli, mi ricordo il mio svenimento al prelievo del sangue e la cotta per un’altra compagna, ovviamente mai rivelata e comunque con zero potenzialità. Strano pensare che questa compagna sia stata mia cliente per 17 anni, ormai.
Poco, quasi nulla, è rimasto di quegli anni. Qualche cicatrice. Qualche immagine. Qualche nome confuso. Nessuna foto. Neanche la scuola, che è stata abbattuta da anni.
E sì, un po’ mi spiace.
Come quando torni in un luogo del tuo passato per far rivivere i ricordi e scopri che ci hanno costruito un parcheggio.
Qualcosa così.