Banalità

Erano almeno tre anni che non andavo all’Artigiano in Fiera qui a Milano, una manifestazione che, insieme alla ben più piccola ma ben più anziana fiera degli Obej Obej, segna ufficialmente l’inizio del periodo natalizio per noi meneghini.

Per chi non la conoscesse, si tratta di una manifestazione che si svolge in circa sei padiglioni della fiera di Rho, riempiti da stand di tutto il mondo, distribuiti per geografia. Ci sono due padiglioni italiani, due europei e due (o tre) extra-europei. Ci si trova un po’ di tutto: artigianato più o meno originale, capi di vestiario, quadri, bigiotteria, spezie, saponi, mobili e tanto, tanto cibo più o meno tipico, più o meno originale.
Da questo punto di vista, a farla da padroni sono sicuramente molti stand italiani, ma anche parecchi stranieri, anche se nel settore orientale è più facile trovare mini-ristoranti che stand di street food; non c’è pericolo di rimanere senza mangiare. Senza soldi, quello sì.

Io stesso, oltre a prendere qualche pensierino per Miss Sauron e qualche golosità per me, sono finito a mangiare un Pretzel, un arancino (alla Norma, l’unico che potevo mangiare) e due Macaron (‘tacci loro quanto costavano).

Ecco, io non è che sia mai stato un fan incredibile della Fiera: troppa gente, alcuni stand troppo simili tra loro, spesso oggetti ripetuti nelle aree regionali e negli anni; quest’anno, però, mi sono trovato a guardarlo con occhi differenti. Di sicuro ha aiutato l’essere andato di sera e quindi, pur avendo trovato molta gente, non essermi mai preso gomitate nelle costole o spintoni, ma non è stato solo questo.

Stasera, in alcuni momenti, mi sono fermato a guardare.

Non gli stand, quelli li ho visti con più o meno attenzione come ogni anno.

No.

Le persone.

Giapponesi. Cinesi. Tibetani. Palestinesi. Iraniani. Francesi. Ungheresi. Tedeschi. Ugandesi. Kenyoti. Siriani.

E ancora Calabresi, Siciliani, Toscani, Lombardi, Napoletani.

E ammiravo la bellezza della varietà, la ricchezza delle differenze, la meraviglia di poter incontrare qualcosa o qualcuno di un altra parte di mondo e scoprire che ti piace, la gioia di poter mischiare culture, cibi, oggetti, lingue.

Arricchimento.

Scambio e arricchimento.

Ora, non è che io sia un ingenuo illuso: so bene che una Fiera non è certo il luogo ideale da portare  come esempio e so che spesso molti stand sono gestiti da persone che vivono e lavorano in Italia.

Ma non importa, quello che importa è il sapore, la sensazione, l’idea.

E se solo si riuscisse a capire quanto le differenze e la varietà possono renderci più ricchi (sotto ogni punto di vista), forse, forse, FORSE qualcosa in questo mondo andrebbe un po’ meglio.

Sono banale, lo so.

Me ne farò una ragione.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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