Fai vedere quanto ti diverti

Ho sempre sentito l’esigenza di scambio interpersonale.
Conoscere persone nuove, parlare, arricchirsi a vicenda.
Ho, di conseguenza, sempre provato una forte attrazione per le comunità, reali e virtuali: i gruppi di amici, i newsgroup (secoli fa), i forum (un po’ meno di tempo fa), i gruppi sui vari social.
In qualche modo mi è sempre sembrato fossero l’apice di quell’esigenza di cui parlavo all’inizio e per lungo tempo le ho non dico inseguite, ma sicuramente viste con un certo favore e desiderio.
Devo ammettere, poi, di essere stato fortunato: su un newsgroup prima e sul forum panini (e suo discendente) dopo ho vissuto periodi veramente piacevoli e creato amicizie che resistono ancora dopo decenni, un risultato di cui sono felice, fiero e onorato.

Ma ognuna di queste comunità, prima o poi, ha perso la sua attrattiva: alcune si sono proprio sfaldate, qualcuna si è trasformata, da qualcuna mi sono allontanato io volontariamente quando il sapore non era più lo stesso, lasciandomi con il dubbio di base e ripetuto che, in fondo, io fossi inadatto a questi ambienti, un dubbio che penso stia avendo sempre più conferme.

Nel tempo ho iniziato a sviluppare insofferenze: insofferenze verso l’apparenza, insofferenza verso il “facciamo vedere quanto siamo felici e amici”, insofferenza verso il “siete tutti fantastici” e a pensare che se hai necessità di ostentare quanto ti stai divertendo, forse non ti stai veramente divertendo così tanto e a convincermi che se “tutti sono fantastici”, statisticamente è più probabile che nessuno lo sia o che tu che lo dici non pensi neanche lontanamente che qualcuno lo sia.
E soprattutto ho iniziato a provare insofferenza verso le autocelebrazioni, verso le pacche reciproche sulle spalle, i “quanto sei bravo”, “no, ma quanto sei bravo tu”, “quanto sei figo”, “ma tu di più”: quando sono troppo decantati suonano falsi come Shakespeare recitato da Megane Boone.

Ecco, ricordo qualche anno fa di essere andato, per pura curiosità, a un Twitt-award  e di avere pensato che tanta, troppa gente lì dentro ci “credesse troppo”, che ci fosse un autocompiacimento e un’esaltazione di fondo che, vista da fuori, mi facevano pensare soltanto “ma perché? Ma davvero?”.
Stessa cosa quando ho avuto modo di assistere a superesposizioni di compagnie di amici che, approfondendo, tanto amici non erano. A volte neanche conoscenti. Ma a sentirli erano praticamente famiglia.

Stasera mi è capitato di vedere immagini da un aperitivo social e le sensazioni sono state le stesse. Esposizione. Raccontarsela. Ho visto video di gente che riprendeva gente che faceva video. E la sensazione è stata di nuovo quella del “ve la state raccontando. O, spero per voi, state provando a raccontarla agli altri”. E, a seguire, un enorme “no grazie”.

Quindi il mio desiderio di comunità non esiste più?

No, non credo sia così, anzi.

Ho bisogno di comunità, ma ho altrettanto bisogno di autenticità, magari di una risata in meno (ma quella che rimane sincera), di un vaffanculo in più (perché tra amici ci si manda a fanculo), di un video o una foto in meno perché ci si scorda di farle, troppo impegnati a cazzeggiare.
A Lucca, la domenica, abbiamo fatto un pranzo tra amici. Eravamo una decina di persone e mi sono detto che sarebbe stato bello ricordarsi di fare una foto di gruppo.  Ce ne siamo dimenticati: eravamo troppo impegnati a nerdeggiare.

Sia chiaro: questo non significa che io ritenga che tutte le compagnie di amici o le comunità virtuali o meno siano “false” o superficiali: sarei io stesso estremamente superficiale a pensarlo, nonché ipocrita dati i miei trascorsi. Non penso neanche che il mio sentire sia base di partenza per chicchessia, né che debba esserlo.
Parlo solo di miei esigenze e del rendermi conto che se anche solo mi capita di percepire certi meccanismi, mi ritraggo velocemente e finisco per preferire interazioni con una o poche persone alla volta che, però, mi diano l’impressione di essere potenzialmente reali.

È tutto sempre soggettivo, ma io, di mio, non ho più voglia di perdere tempo a cavar sangue dalle rape.

Sarà l’età.

 

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. giuseppe ha detto:

    non è che , come tutti , sei diventato troppo vecchio ed intollerante alle ca$$ate degli altri ?

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