Ah, ma anch’io

Una cosa di cui il nostro paese, o meglio, il nostro mondo è pieno è potenziali geni/artisti/cuochi/eccellenze in qualunque campo.
Guardatevi intorno e vedrete quanta gente bravissima e con potenzialità enormi esiste che, accidenti, potrebbe fare di tutto, ma proprio non trova il tempo tra un reality e l’altro, tra una bufala e la seguente.

Sì, sono polemico.

Sono polemico con tutti coloro che ritengono che raggiungere certi livelli, ottenere certi risultati sia qualcosa di facile, che anche loro potrebbero fare ma, che volete, la loro vita è così impegnata.
Quella degli altri no, invece.
Chiunque eccella non aveva un cazzo da fare e quindi ha riempito posti mancanti e, mantenete il segreto, trema anche un po’ all’idea che tutti questi potenziali avversari possano prima o poi decidere di dire la loro.

Già.

Questa è la mentalità del mediocre, di quello che non vuole fare sforzi ma ritiene che chiunque ottenga risultati abbia avuto scorciatoie, aiuti, tempo da perdere o tutti e tre.

E se già non fosse irritante di per sé, questa posizione mentale è la base dei tanti ignoranti che aprono bocca su ciò che non sanno, dei complottisti, dei messaggeri delle scie chimiche, degli antivaccinisti e di tutto il resto della feccia simile.

Sì, feccia, perché tale è nel momento in cui alza la testa fiera della propria ignoranza, invece di abbassarla umilmente ringraziando di poter imparare qualcosa.

Mi sono fatto prendere la mano e ho allargato il discorso, lo ammetto, perché stavolta l’elemento scatenante è stato uno spunto minore, ma che mi ha toccato sul vivo.

Una ragazza che seguo, qualche giorno fa ha “festeggiato” i diecimila contatti sul suo blog: per molti potrà voler dire poco, ma chi scrive sa che emozione possa essere. Tutt’ora io, superate da tempo le 500.000 letture, faccio fatica a credere che tanta gente abbia piacere a leggere ciò che scrivo.
Orbene, tra i commenti a questo post ce n’è stato uno che definirei “classicamente idiota”.
“Ah, complimenti. Sai, anch’io avrei un sacco di bei pensieri, ma non ho il tempo di mettermici“.
Come se il blog fosse il quadernetto dei pensieri di una dodicenne.
Come se quelli fossero i pensierini di una ragazzina che si mette lì e tira giù qualcosa al volo.
Come se bastasse “mettercisi lì” per ottenere lo stesso risultato.

Ebbene no. Non basta. Non basta avere pensieri, non basta avere tempo, non basta scrivere qualche cazzata.
Bisogna amare le parole.
Bisogna amare ciò che si prova.
Bisogna desiderare di aprirsi e mostrarsi.
Bisogna essere in grado di descrivere sentimenti e situazioni usando un vocabolario che vada oltre l’espressione “bei pensieri”.
Bisogna essere disposti a scrivere con regolarità, a volte facendosi male, a volte rischiando di non essere capiti.

Non bisogna “avere tempo”, bisogna trovare tempo, costruire tempo, creare tempo per farlo.

Scrivere in questo modo è permettere al cuore di esondare e finire nero su bianco, poco importa se su carta o su uno schermo.

Questo è scrivere, questo è scrivere un blog.

Non è credere di avere “bei pensieri”.

Anzi, sono quasi certo che chi parta dall’idea di avere “bei pensieri” farebbe meglio a non scrivere: vuoi mettere la delusione nello scoprire la verità?

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. Monica ha detto:

    E anche stavolta mi trovo pienamente d’accordo con te. Perche’ capisco gli sforzi, le lacrime, il dolore di chi e’ arrivato ad eccellere in qualcosa. Il lavoro duro che c’e’ dietro. E perche’ pure io, piu’ di una volta, sono stata vittima di questi discorsi e so quanto facciano male, dopo che hai passato intere giornate a studiare per avere buoni voti, dopo le lacrime, I fogli strappati, I file cancellati con rabbia nel cuore, per scrivere un buon racconto. E il fatto che non finisca un romanzo da undici anni ne e’ la prova. Ma ci sara’ sempre qualcuno che dira’: non hai fatto niente di eclatante, posso farlo anche io”. Bene, io dico, allora fallo. Poi ne riparliamo. Scusa lo sfogo

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