Contatti

In un capitolo del libro di Jen Kirkman che sto finendo di leggere, l'autrice racconta di come a diciott'anni, quando le mail stavano iniziando a diffondersi, considerasse strano chi fosse in contatto con amici e conoscenti per iscritto e non per telefono e di quanto ora, invece, preferisca i messaggi e non sopporti le telefonate non indispensabili, soprattutto con estranei.

La cosa mi ha fatto riflettere e rendermi conto di quanto, anche per me e, sono sicuro, per quasi chiunque, sia cambiata la percezione di come e quando sia lecito o meno contattare qualcun altro.

Se penso a quando ero adolescente o, comunque, a quando i cellulari non erano diffusi, l'unico mezzo era il telefono e telefonare a casa era un passo enorme: si rischiava di parlare con un genitore o di disturbare o cose del genere; e poi c'erano gli orari tabù: non si telefonava all'ora dei pasti (il che voleva dire un arco anche di due ore, perché mica tutti mangiano alla stessa ora), non si telefonava dopo le 22, anche se costava meno.

Poi sono arrivati i cellulari e il rischio di disturbare è diventato molto più elevato ma, contestualmente, molti hanno iniziato a fregarsene.

Mi è capitato di avere clienti che hanno provato a chiamarmi alle nove di sera o a ferragosto, finché non ho iniziato a rispondere male o a non rispondere.

E infine la messaggistica flat, i vari whatsapp et similia, che hanno reso il messaggio scritto il mezzo più immediato per comunicare coi nostri conoscenti.

Ma, per quanto mi riguarda, esiste ancora un certo tipo di galateo e una determinata scala di preferenze nel modo di contattare ed essere contattato: può non essere condivisa (e questo è un altro problema attuale, il fatto che non tutti percepiscano i vari mezzi allo stesso modo), ma per quanto mi riguarda è piuttosto radicata e, me lo dico da solo, sensata.

Anzitutto si deve distinguere tra aspetto professionale e privato.

Inizio col professionale.

In questo ambito il mezzo di comunicazione da preferirsi in assoluto è la mail.

È veloce, permette di tenere traccia di ogni comunicazione, rimane archiviata e non richiede che la controparte sia immediatamente disponibile per ascoltarci o rispondere: ovviamente è necessario che, comunque, sia un mezzo sufficientemente utilizzato, così da dare la garanzia a tutti che ogni mail riceverà risposta in tempi accettabili; non c'è niente di peggio di un messaggio inviato che non ha ricevuto alcun riscontro o che, comunque, l'ha ricevuto nel giro di giorni (e questo vale sempre, non solo in ambito professionale).

A seguire, le telefonate: non sono particolarmente severo da questo punto di vista, se si tratta di lavoro; ci sono clienti che preferiscono spiegarsi a voce e comunicazioni che richiedono una risposta immediata: nulla di male, assolutamente. La cosa importante è che le telefonate di lavoro non arrivino fuori dagli orari consoni (diciamo che 18/18.30 è un ultimo orario accettabile, anche se ho contatti che spesso finiscono di lavorare dopo e può capitare mi chiamino alle 19) e, soprattutto, che se rifiuto la chiamata o rispondo dicendo che sono in riunione o impegnato non insistano.

Discorso a parte per la messaggistica: la trovo tendenzialmente irritante e invadente se usata da clienti. Whatsapp (cito lui per diffusione) è un software che io considero ancora come mezzo di comunicazione privato e ricevere messaggi su questa piattaforma (o anche sms) da clienti tende a indispormi.

Tutti i miei clienti hanno la mail e la mail ha il vantaggio di non essere invadente: i messaggi, a causa delle notifiche e della frequenza, possono esserlo; se sono in riunione o sto lavorando, ricevere messaggi da un altro cliente mi distrae e può disturbare, senza contare che io ho l'abitudine di cancellare regolarmente i messaggi e, con questi, ogni traccia di comunicazione.

Meglio la mail, a meno di emergenza evidente e realmente grave ma, in tal caso, tanto vale chiamare.

 

Passiamo alla sfera privata.

I messaggi, siano essi chat, whatsapp, skype o sms, sono senza dubbio il mezzo preferito e preferibile.

Non richiedono risposta immediata (e sì, chi pretende sempre risposta immediata merita di non riceverne affatto), non sono troppo invadenti, permettono conversazioni lunghe anche se intermezzate da pause.

Sono tra l'altro il modo ideale soprattutto tra persone che sì, magari si conoscono, ma non sono amici.

Occhio, però, perché come scrivevo sopra i messaggi generano notifiche e le notifiche possono essere invadenti, per cui sarebbe sempre il caso di porsi il problema di non starne mandando troppi e/o al momento sbagliato: tra l'altro, ve lo giuro, il limite dei 160 caratteri non vale nei programmi di chat, quindi se scrivete un solo messaggio lungo (che quindi genera una sola notifica) non pagate di più e non rischiate di rompere le palle con 150 notifiche in 30 secondi.

Le mail sono piacevolissime e sono un modo estremamente gradito di comunicare, anche se ovviamente hanno tempi più lunghi: dalla loro hanno la lunghezza, la possibilità di fare discorsi di più ampia portata, di approfondire, di ragionare.

Mi piacciono molto ed è sempre un piacere quando qualche amico o amica ha voglia di fare uno scambio epistolare: e poi mi ricorda i vecchi tempi delle lettere cartacee, quando si spediva una lettera e non si sapeve né se né quando sarebbe arrivata risposta e, quando arrivava, c'era l'emozione di leggerla, rileggerla, sviscerarla.

E le telefonate?

Ecco, con le telefonate ho un rapporto estremamente delicato.

I miei amici, quelli veri, quelli a cui voglio bene da anni, hanno l'autorizzazione implicita a chiamarmi quando vogliono (orari permettendo), magari assicurandosi che non sia incasinato: un accordo sottinteso dice che se rifiuto o rispondo e taglio corto vuol dire che non posso e ci sentiremo in un altro momento.

Ieri sera, ad esempio, mi ha chiamato un'amica che vedo e sento sempre troppo poco: non era previsto ed è stata una sorpresa piacevolissima. Lei sapeva bene che ne sarei stato contento e così è stato.

Ciò non toglie che ho persone che potrebbero chiamare in qualunque momento ma che, per rispetto, mi scrivono sempre prima di farlo per sapere se possono: in molti casi non sarebbe necessario, ma comunque apprezzo veramente lo scrupolo, anche perché io stesso, a volte, lo faccio.

Da quelli che, invece, non sono amici ma conoscenti e non hanno questo “autorizzazione implicita”, una telefonata non sollecitata e non preannunciata è un qualcosa che considero gravemente invadente: stai a tutti gli effetti bussandomi alla porta di casa o, addirittura, entrandoci senza esserti annunciato e no, la cosa non è affatto gradita.

Un conto è dire “ti disturbo se chiamo?”, un conto è invece chiamare senza dire nulla.

Fortunatamente mi è capitato veramente di rado (quasi mai, a dire il vero), ma l'effetto di invadenza è sempre stato molto forte.

E i messaggi vocali?

Non nego di averli usati e di usarli, ogni tanto.

Anzitutto sono comodi quando non si può scrivere e non si può o non si vuole telefonare e generano una sorta di telefonata “ritardata” che si pone come via di mezzo tra i messaggi e le telefonate (lapalissiano, lo so).

Proprio perché si tratta di una via di mezzo, il modo di gestirli è ibrido: ci sono persone con cui li scambio piacevolmente, altre con cui non è mai successo; quello che è importante ricordare è che mentre un messaggio, anche lungo, non porta via tempo vitale all'altra persona, i messaggi vocali possono farlo e richiedono una maggior concentrazione e attenzione da chi li riceve, senza contare che un messaggio di testo può essere letto ovunque (tranne quando si guida) mentre uno vocale potrebbe dover aspettare parecchio: se sono da un cliente o in giro con amici, il messaggio scritto lo leggo, il messaggio vocale non lo ascolto di certo.

Insomma, un post lunghissimo per dire forse ovvietà e fornire un galateo che, ne sono conscio, è probabilmente applicabile solo a me, ma penso comunque che il porci il dubbio di poter disturbare sia qualcosa che, troppe volte, si finisce per dimenticare, soprattutto quando non c'è più la certezza di dove sia e cosa stia facendo la persona che stiamo contattando.

Fa parte di quella parola tante volte dimenticata.

Rispetto.

Solo a scriverla mi sento antico, ma pazienza.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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