The art of Neil Gaiman (+ bonus)

Presupposto fondamentale: se non conoscete o non amate Neil Gaiman, potete fermarvi qui, dato che questo libro nasce a uso e consumo di chi, invece, adora quel piccolo grande genio inglese.
Hayley Campbell è la figlia di Eddie Campbell, disegnatore (per dirne uno) di From Hell e amico di lunga data di Gaiman stesso, che a 24 anni ha pensato bene di chiedere all’amico Neil di darle libero accesso alla sua soffitta, piena di memorabilia provenienti da ogni momento della sua vita artistica.
Basandosi su questi, su mille conversazioni con Gaiman, sulla sua stessa esperienza, sui contatti con altri collaboratori e su innumerevoli fonti, ha creato questa biografia dell’opera di Neil.
Non, quindi, una biografia completa dell’autore, ma la storia di praticamente ogni cosa lui abbia prodotto, a partire dal suo primo libro sui Duran Duran (sic) fino brevi film, romanzi, serie tv in divenire, spettacoli teatrali, il tutto carico di immagini di appunti, disegni, screenplay, fotografie (ho amato quella di Gaiman e Miyazaki insieme allo Studio Ghibli) e condito con aneddoti, citazioni di interviste, fatti curiosi e chi più ne ha, più ne metta.
Diviso per sezioni (fumetti, libri per adulti, libri per ragazzi, ecc…) e con un capitolo per ogni opera, il volume è scritto bene, si legge scorrevolmente e con piacere e ha la sottovalutata peculiarità di non eccedere nel nozionismo e nelle informazioni messe tanto per fare.
Lo stile della Campbell ricorda in qualche modo quello del Gaiman divulgativo e la cosa, lungi dall’essere fastidiosa, permette di immergersi ulteriormente nel Gaiman-universe.

Leggere un libro del genere fa sentire, necessariamente, piccoli: la quantità di cose che ha prodotto quell’uomo, la sua fertilità creativa, la sua capacità di scrivere in qualunque momento e situazione, rendono un wannabe come me ancora più modesto e umiliato, con la sola consolazione di scoprire che il processo creativo del buon Neil può essere immediato, ma può anche richiedere anni, con libri che attendono nel cassetto in attesa che giungo il momento per ritirarli fuori.

“Ora sapevo come proseguiva la storia” è una frase che più volte capita nel libro ed è una di quelle che più mi ha colpito: come se quelle storie già esistessero, ma semplicemente lui non le conoscesse ancora fino in fondo, come se fosse solo un tramite di qualcosa che, al momento giusto, avverrà indipendentemente dalla sua volontà.
Affascinante e ispirante.

Così come mi colpisce sempre la modestia dell’autore, che pur essendo conscio di quanto ha raggiunto, tende sempre a sottolineare ciò che ancora non sa fare; è il caso della poesia: in un capitolo dedicato, Gaiman (che ha più volte composto testi poetici) afferma di invidiare i veri poeti, quelli che riescono a scrivere poesie capaci di pennellare immagini ed emozioni senza raccontare storie; lui è un narratore e, pertanto, anche le sue poesie raccontano storie con un inizio, uno svolgimento e una fine.
Effettivamente, riguardando la sua produzione, questa caratteristica è evidente, ma personalmente l’ho sempre vissuta come tale, una caratteristica appunto, piuttosto che come un limite.

Curiosi di conoscere il gruppo rock in cui suonava Gaiman, il contenuto della sua causa legale decennale con Todd MacFarlane, ciò che pensava di Neverwhere e del suo primo episodio di Doctor Who o di com’è nato il suo episodio di Battlestar Galactica? Comprate questo libro (solo in inglese, sorry).
Non vi pentirete.

PS: nel titolo avevo promesso un bonus, non me ne sono scordato. In una delle pagine dedicate alla poesia, ne viene riportata interamente una assieme alle illustrazioni con cui una volta è stata pubblicata. L’ho trovata deliziosa (e mi sono ricordato che era già presente in Fragile Things) e ho pensato di riproporla qui, di tradurla e, voglio rovinarmi, di farvela ascoltare dalla voce dell’autore stesso.

The Day The Saucers Came

That Day, the saucers landed. Hundreds of them, golden,
Silent, coming down from the sky like great snowflakes,
And the people of Earth stood and
stared as they descended,
Waiting, dry-mouthed, to find out what waited inside for us
And none of us knowing if we would be here tomorrow
But you didn’t notice because

That day, the day the saucers came, by some some coincidence,
Was the day that the graves gave up their dead
And the zombies pushed up through soft earth
or erupted, shambling and dull-eyed, unstoppable,
Came towards us, the living, and we screamed and ran,
But you did not notice this because

On the saucer day, which was zombie day, it was
Ragnarok also, and the television screens showed us
A ship built of dead-men’s nails, a serpent, a wolf,
All bigger than the mind could hold,
and the cameraman could
Not get far enough away, and then the Gods came out
But you did not see them coming because

On the saucer-zombie-battling-gods
day the floodgates broke
And each of us was engulfed by genies and sprites
Offering us wishes and wonders and eternities
And charm and cleverness and true
brave hearts and pots of gold
While giants feefofummed across
the land and killer bees,
But you had no idea of any of this because

That day, the saucer day, the zombie day
The Ragnarok and fairies day,
the day the great winds came
And snows and the cities turned to crystal, the day
All plants died, plastics dissolved, the day the
Computers turned, the screens telling
us we would obey, the day
Angels, drunk and muddled, stumbled from the bars,
And all the bells of London were sounded, the day
Animals spoke to us in Assyrian, the Yeti day,
The fluttering capes and arrival of
the Time Machine day,
You didn’t notice any of this because
you were sitting in your room, not doing anything
not even reading, not really, just
looking at your telephone,
wondering if I was going to call.

 

Il Giorno Dell’Arrivo dei Dischi

Quel giorno, i dischi atterrarono. Centinaia, dorati,
Silenziosi, venivena giù del cielo come grandi fiocchi di neve
E la gente della Terra stava in piedi a fissare
mentre scendevano.
Aspettando, la bocca asciutta, di scoprire cosa lì dentro ci stesse aspettando.
E nessuno di noi sapeva se saremmo stati qui domani.
Ma tu non te ne accorgesti perché

Quel giorno, il giorno dell’arrivo dei dischi, per qualche coincidenza
Fu il giorno che le tombe restituirono i morti
E gli zombie si sollevarono dalla morbida terra
o erupper, ciondolante e con gli occhi ottusi, inarrestabili
Vennero verso di noi, i vivi, e noi urlammo e corremmo,
Ma tu non te ne accorgesti perché

Nel giorno dei dischi, che fu anche giorno degli zombie, fu
Anche Ragnarok e gli schermi televisivi mostrarono
Una nava fatta di unghie di morti, un serpente, un lupo,
Tutti più grandi di quanto una mente possa accettare
E il cameraman non  poté
Andare abbastanza lontano e poi gli Dei uscirono
Ma tu non li vedesti arrivare perché

Nel giorno dei dischi-zombie-dei-guerrieri
le barriere si infransero
E ognuno di noi fu inghiottito da geni e folletti
Che ci offrirono desideri e meraviglie ed eternità
E incantesimi e saggezza e veri cuori
coraggiosi e pentole piene d’oro:
Mentre giganti avanzanzano coi loro “fifufam” attraversando<
Terre e api assassine,
Ma tu non avevi idea di nulla perché

Quel giorno, il giorno dei dischi, il giorno degli zombie
Il giorno del Ragnarok e delle fate,
il giorno che arriveranno i grandi venti
E nevi e le città si trasformarono in cristallo, il giorno
Che tutte le piante morirono, la plastica si dissolse, il giorno
Che i computer si rivoltarono, gli schermi a dirci
che avremmo ubbidito, il giorno
In cui gli Angeli, ubriachi e confusi, inciampavano dai bar
E tutte le campane di Londra suonarono, il giorno
In cui gli animali ci parlarono in Assiro, il giorno dello Yeti,
Il giorno dei mantelli svolazzanti e dell’arrivo della
Macchina del tempo.
Tu non ti accorgesti di nulla di tutto ciò perché
Eri seduta nella tua stanza, senza fare nulla
Senza neanche leggere, non veramente, a guardare
Solo il tuo telefono,
Chiedendoti se ti avrei chiamata.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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