334. Gioco
Facciamo un gioco, vuoi?
Dai, a te è sempre piaciuto giocare, vedrai che ne vale la pena.
Facciamo che è stato tutto un errore o uno scherzo?
Che ora tu torni qui e pesi sei chili e vai a spazzolare la ciotola che Stitch ha appena lasciato perché non gli andava.
Perché, io te lo dico, a me questo che stiamo giocando non sembra proprio funzionare, sai? Non mi diverto, non mi piace, non funziona e basta.
Poi, secondo te si fa così? Non è che si può passare a dire “Stitch & Zen” come fosse un nome unico e poi dire all’improvviso solo Stitch, ti pare?
Dai.
Facciamo che siamo a settembre e che tu mangi tantissimo e che vieni sulla scrivania a vedere come funziona la stampante e che la tanta fame è solo merito tuo e non di quella schifezza nello stomaco, perché quella schifezza nello stomaco non c’è.
Facciamo che vado a fare la spesa e tu salti sulla sedia a vedere se c’è qualcosa per te, anche se non compro carne da tre anni ma non si sa mai. E che se mangio la ricotta vieni a pulire il contenitore prima che lo butti via.
E poi che a volte salti sulla mensola, tiri giù le buste di croccantini e le rompi e mangi da lì, così io posso far finta di arrabbiarmi mentre poi racconto le tue imprese.
Così come posso prenderti in giro quando ti metti a dormire in pose strane o possa far vedere come tu e Stitch dormite abbracciati, eh?
Non ti sembra il gioco più bello che tu abbia mai sentito?
Facciamo che prendo il laser con cui ti divertivi e ti ci faccio giocare molto più spesso, ok? Che lo so che ho latitato, che non l’ho fatto abbastanza, ma ti pare ragione sufficiente per tenermi il muso e andartene? Io ti ci faccio giocare e tu ci giochi come hai sempre fatto, non come due mesi fa, quando ci ho provato l’ultima volta e tu l’hai guardato e mi hai guardato e ho capito che non ci avresti più giocato, ok?
Facciamo che devo sgridare te che rubi la pappa a Stitch e non viceversa e che ti prendo in giro perché sei un panzone e ti difendo con Miss Sauron dicendo che sei tutto muscoli e che hai le ossa grosse. Che io, ora, ti ho visto pelle e ossa e le tue ossa erano piccoline e no, non stavi bene così, tu stavi bene pacioccone.
E poi che se lascio una maglia sul letto ti ci vai a sdraiare perché quella maglia è mia e a te piace così.
E va bene anche se ogni tanto ti infili sotto le coperte come fa più spesso Stitch, ok?
E facciamo che quando Stitch viene a romperti le scatole io non devo intervenire perché sei grosso abbastanza per difenderti.
E poi facciamo che mentre lui è qui, davanti alla tastiera, come in questo momento, tu sei a cuccia dietro di noi o salti sul tavolino a capire come fa a fidarsi tanto, anche se poi ogni tanto salti su e vieni a curiosare.
Che dici, ti piace?
Poi se ti va possiamo fare che ogni tanto vengo a grattarti la pancia e che ti prendo in braccio e tu fai finta che sto peccando di lesa maestà, ma alla fine non ti offendi più di tanto.
Puoi anche venire a fare la guardia quando sono in bagno, che ti siedi, mi dai le spalle e aspetti che venga in cucina a darti da mangiare e poi ti strusci contro le mie gambe perché sai essere ruffiano quando vuoi.
Dai, magari ogni tanto fai anche lo sguardo di “oh cazzo”: potresti farlo quando inizi a fare la pasta sui miei vestiti pensando che non ti veda e poi scopri che sono lì, eh?
Secondo me è un gioco bellissimo, Zen, non come questo che stiamo facendo in cui non ci sei e manchi e cerco di non pensarti e ci riesco per un po’ e poi riprendo a piangere.
Giochiamo che ti prendo i cuscini di erba gatta e tu ti metti a leccarli e a giocarci come un tossico, eh? Lo vedi che è un bel gioco? Lo vedi? Lo vedi com’è meglio di questo schifo qua?
Dai, guarda, oggi c’è anche il sole, così ti apro la finestra del balcone e ti vai a sdraiare, vai a fare la bellezza la bagno, come ti ho sempre preso in giro, ti va?
E poi non hai bisogno di pastiglie grosse e amare che ti fanno schifo e io non devo imparare a fartele ingoiare. Al massimo quelle piccoline per la gastrite, così ti do i tuoi bocconcini e litighiamo perché tu ogni tanto le sputi e così hai qualche bocconcino in più.
È un gioco perfetto, non negarlo.
E poi facciamo che vivi almeno altri cinque o sei anni, anche di più se vuoi, e che quando arriva il momento non ti ammali ma sei semplicemente vecchio e stanco e una sera ti addormenti sereno sapendo che sei a casa tua e che è stato tutto bello.
Non come l’altra sera. Perché ti giuro, piccolo, io i tuoi occhi spaesati in quel momento non riesco a scordarli. Io la tua voce un attimo prima, il tuo miagolio, continuo a sentirli e fanno tanto male. Perché è stato il momento in cui non potevo più proteggerti. E ti giuro, non avrei voluto essere da nessun’altra parte, non avrei voluto saperti solo, avevo il terrore tu fossi solo, ma ora, ora quella cosa la devo gestire e dio o chi per lui sa quanto fa male e quanto è stato difficile e quanto è stato orribile cercare di capire se stessi respirando ancora o meno.
Per cui dai, facciamo questo gioco, ok?
Tu torni e non è successo nulla e riprendiamo da lì, ok?
Ok?
Per favore.
mi sono commossa…quanti giochi…dai i mici sono fantastici..vorrei trovare parole intelligenti, ma, quando occorrono, non me ne viene nessuna
Va bene così. Non c’è bisogno d’altro. Grazie :*
Parole non ne ho… Solo tante lacrime da unire alle tue… Sii forte… O almeno fai finta di provarci… X Stitch…
Un passo alla volta. Grazie, cara :*
Mi dispiace molto.
Grazie