291. Veleno
Veleno.
Si accumula quando si è stanchi, frustrati, preoccupati.
Si accumula perché se ne produce più di quanto si riesca a smaltirne, perché per smaltirne così tanto bisognerebbe fare solo quello e forse non basterebbe neanche quello.
Così si accumula.
Offusca pensieri e reazioni.
Fa bruciare graffi come fossero ferite fino all'osso su cui viene sparso il sale.
Rende intollerabili fastidi che prima si sopportavano tranquillamente.
E vuole esplodere.
Ah, se vuole esplodere.
Vuole entrare negli occhi e nella bocca e sulla pelle e nelle narici del malcapitato di turno.
Vuol bruciare il più possibile.
E per impedirglielo lo si inghiotte, così brucia da dentro, ma magari si protegge chi è lì per sbaglio.
Ma poi ci si chiede se davvero la protezione è necessaria.
Se alla fine esplode sarà colpa di una goccia finale, no?
E un oceano non è formato da gocce?
Non sono tutte le gocce insieme a farlo esplodere?
La colpa dell'ultimo non è tanta quanto la colpa del primo?
Domande futili, forse offuscate da quel veleno che si accumula.
Eppure, alla fine, è utile.
Perché quando ogni goccia conta le riconosci singolarmente.
E le scopri dove non ci facevi caso.
E impari a riconoscerle.
Ti prometti di ricordartele.
Di non ignorarle più, se puoi.
Perché prima o poi il veleno diminuisce, per esplosione o per essersi consumato, e quel che rimane è ciò che hai imparato grazie a lui.
Non ci si pensa mai, ma è un grande insegnante, il veleno.