177. M. Una metronovela
Stavolta è davvero difficile recensire e valutare un libro.
L'ho acquistato di fiducia e istinto: un libro su Milano raccontato di fermata di metropolitana in fermata di metropolitana, non sulla storia in sé delle fermate, ma su vite che da lì sono passate.
Un'idea bella, intrigante, che mi ha fatto venire voglia di porlo in cima alla coda di lettura.
E, diciamolo, Bartezzaghi scrive sicuramente bene e, quando vuole, sa osservare e raccontare in modo avvolgente, con una capacità evocativa innegabile.
Il problema è che Bartezzaghi è anche e soprattutto un enigmista e ai giochi di parole, lui, non rinuncia: paragrafi su paragrafi che analizzano la composizione di una parola a seguire un flusso di pensiero suo e solo suo che, purtroppo, non è detto si riesca ad agganciare.
Ed è questo il problema principale di tutto il libro: i flussi di pensiero che si dipanano in ogni capitolo sono talmente personale da non permettere di immedesimarsi. Scorci di vita vissuta (sempre quella dell'autore, a formare un'autobiografia per ritagli disorganizzati), deviazioni, iperboli, salti d'argomento da un paragrafo all'altro, addirittura finti capitoli di un romanzo inesistente fanno sì che no, non sia proprio possibile stare sempre dietro a ciò che l'autore racconta.
Ed è un peccato perché quando invece su qualche racconto si riesce a salire, allora il viaggio è piacevole, malinconico, interessante, a volte commovente: tutti effetti che rendono i difetti ancora più fastidiosi.
Erano evitabili e non si è voluto, questo è.
Così come poi diventa evidente che certi capitoli, che sarebbero nominati in base a una certa fermata della metro, con quella fermata non hanno praticamente nulla a che fare. Quindi perché costruire una metronovela che tale non è? Perché non scrivere “la mia vita a Milano: scorci vari ed eventuali?”: magari io non l'avrei comprato, magari sì, ma di certo sarebbe stato più onesto.
(E no, un capitolo verso la fine dedicato alla metropolitana di Roma non allevia, anzi…).
Eppure non riesco a stroncarlo, non del tutto, perché ci sono quei benedetti paragrafi che sono proprio belli da leggere. Perché c'è la descrizione a fine libro di quei due ragazzi in metropolitana che è tanto viva da poter essere vista a occhi chiusi.
Per cui no, non lo stronco, gli do la sufficienza. Ma perché in alcuni momenti è riuscito a emozionarmi e, si sa, sotto questa scorza stronza c'è sempre un orso sentimentale.
Bartezzaghi! Urca non so se l’avrei comperato…e poi scusa sei già un genio dell’enigmistica vuoi anche fare lo scrittore?!
Certa gente non si accontenta mai! 😉
In effetti… 😀