176. Io, savio, mai.

Oggi ho carburato veramente poco. Avevo da fare, anzi, ho da fare e ne avrò per parecchie settimane (per fortuna), ma non posso certo dire di aver lavorato al 100%. Diciamo che mi sono più avvicinato al 20%.

La sveglia è suonata alle 8.30, che (mi rendo conto) è un insulto per chiunque lavori fuori di casa, ma lasciatemi godere almeno un privilegio del lavoro in proprio: mi sveglierei pure più tardi, non fosse che poi rischierei di farmi svegliare dalla chiamata di un cliente.

Suonata alle 8.30, dicevo e la voglia, ma soprattutto le energie, di alzarmi erano assenti all'appello. Stranamente non ho fatto ore piccole, a mezzanotte ero già a letto, ma non è bastato.

E, mi rendo conto, è veramente tanto che non mi alzo in un giorno lavorativo con la voglia o le energie per farlo.

Ripenso ai giorni trascorsi a Londra questa volta, ma anche a New York un anno fa.

Penso all'alzarmi, uscire, andare in un caffé, far colazione al tavolo, avere la barista che dopo un paio di giorni sa cosa ordini e ti consiglia su cosa c'è di buono in quel momento.

Penso allo stare seduto godendomi la vita che mi passa accanto, con la possibilità di decidere come e per quanto immergermici.

Penso al decidere di scrivere lì o in un altro posto, magari uno diverso ogni giorno, o magari lo stesso per farlo diventare “il mio posto”.

Penso allla possibilità di fermarmi, sgranchirmi, dire “per oggi va bene così”, andare a passeggiare.

Penso al trovarmi a chiacchierare con uno sconosciuto o una sconosciuta, scambiarsi momenti di vita, arricchirmi e, spero, arricchire anche se solo per pochi istanti.

Penso al mondo che c'è da vedere lì fuori, arte, monumenti, panorami, sapori, rumori, odori, colori. Alla quantità di persone da scoprire, all'enormità di vite da sfiorare, spalle da abbracciare, mani da stringere: certo, anche di gente da evitare come la peste, ma per trovare l'oro in un torrente si deve scavare tra sabbia e fango.

Penso che molti potrebbero pensare che non mi so accontentare.

E penso che lo considererebbero una sorta di insulto, qualcosa da dire con compassione, quando è probabilmente uno dei complimenti migliori.

No, non mi so accontentare.

Non mi voglio accontentare.

Perché “se questo è tutto ciò che c'è, allora non voglio essere savio”.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. Mìgola ha detto:

    Non accontentarti mai, fuori è un mondo tutto da assaporare e ci sono sconosciuti, come me, da incontrare. E poi chi è troppo savio è generalmente noioso. 😉

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