63. Guardando in alto
Ieri sera al Planetario c'era uno spettacolo speciale in onore del ritorno di Samantha Cristoforetti sulla Terra.
Nel giro di un'ora l'oratore ha raccontato in modo veloce l'importanza di questo tipo di missioni, di ciò che ha fatto Astrosamantha e del futuro dell'esplorazione spaziale.
Particolare risalto, poi, è stato dato al modo in cui si effettua il rientro: cadendo. Letteralmente.
La capsula Soyuz (che è in attività dal 1967 e fa ancora il suo sporco lavoro) viene sganciata dalla stazione spaziale e rallentata finché la forza centrifuga non è più sufficiente a vincere quella di gravità. Il resto è soltanto uno sforzo misto alla dissipazione del calore tramite uno scudo e a rallentare la caduta tramite un paracadute.
Ben diverso, c'è da dirlo, rispetto ai rientri eleganti e affascinanti dell'ormai pensionato Shuttle.
La capsula interna della Soyus è lunga poco più di due metri e, al rientro, sono tre gli astronauti trasportati.
Tutto questo per l'amore per la scienza, la scoperta, l'esplorazione. Per cercare di costruire un futuro scientificamente migliore.
Seduto sulle poltroncine di legno del Planetario, ascoltando anche solo distrattamente per un'ora, sono state tante e tali le informazioni regalatemi, che il primo pensiero è stato “come fa certa gente a non capire?”.
Come fanno a non capire l'importanza di queste missioni?
Come fanno a non comprendere che il futuro degli esseri umani, se mai avremo un futuro, sarà guardando in alto e non per terra?
Come si fa a non capire che qualunque avanzamento scientifico è stato merito di persone che ci hanno creduto quando tutti li guardavano come pazzi, svalvolati, perditempo?
Gente che spala merda su queste missioni e lo fa scrivendo da un cellulare o a un computer che senza queste missioni non esisterebbero.
Gente che magari ha parenti che soffrono di osteoporosi e che, un giorno, potrebbero essere curate o tenute a bada dalle ricerche fatte proprio da Samantha Cristoforetti.
Individui che parlano di “spreco di soldi” non sapendo (e non domandosi) che il ritorno sul lungo periodo per missioni di questo genere è di 6 dollari ogni dollaro investito, tra risultati di ricerca, indotto industriale, ecc…
Non so quanti altri investimenti esistano oggigiorno che siano in grado di rendere altrettanto.
Ma no.
Meglio sparare a zero.
Meglio mostrarsi qualunquisti, ignoranti, vuoti.
Meglio farsi manipolare da politicanti da strapazzo e demagoghi che altri interessi non hanno che riempirsi il portafoglio alimentando benaltrismo e odio.
Eppure basterebbe guardare in alto.
Guardare oltre l'azzurro.
Immaginarci lassù.
Uno dei motivi per cui ho sempre amato la fantascienza classica e ho fatto fatica a digerire, invece, il cyberpunk, è proprio questo: nonostante le storie potessero essere più o meno oscure, più o meno affascinanti, più o meno realistiche, c'era sempre una base di fondo.
La speranza.
La speranza che un giorno potessimo viaggiare altrove.
La speranza che potessimo salvare la nostra povera Terra distribuendoci su altri pianeti.
La speranza che diventassimo adulti e potessimo lasciare la casa materna.
La stessa speranza che mi coglie ogni volta che sono in quel luogo, che guardo il cielo, che penso a chi in orbita è già stato.
L'esistenza stessa delle missioni spaziali è testimonianza viva di quella speranza: non è possibile, ormai, per nessuna nazione proseguire in maniera autonoma l'esplorazione nello spazio; i costi sono troppo alti per poterlo fare. Bisogna collaborare. Come fratelli. Come figli dello stessa pianeta. E se non è simbolismo questo…
Non vivrò probabilmente per vederci su altri pianeti, ma è bello sognare che un giorno ci saremo.
È, semplicemente, l'unica speranza che abbiamo.
Non solo di crescere.
Di sopravvivere.
PS: nel frattempo, il 14 luglio, la sonda New Horizons, dopo un viaggio di 9 anni e mezzo, raggiungerà Plutone. Vedremo la superficie di Plutone. Plutone. Ma vi rendete conto? Ma non vi emoziona la sola idea?