16. Previdenza. Già.

Attenzione: nel post seguente c’è matematica e turpiloquio. Chiunque abbia problemi nei confronti di uno dei due è pregato di passare oltre.

Oggi mi è arrivata comunicazione dall’INPS del nuovo prospetto delle quote da versare per il 2015.

Per chi non lo sapesse, l’INPS (obbligatoria per chiunque non abbia una cassa professionale specifica) funziona in questo modo: si parte con un minimale da versare in quattro rate trimestrali a cui si va aggiungere la quota percentuale calcolata sulla parte eccedente il minimale.

Qualcuno nota qualcosa di strano in quello che ho scritto?

Nessuno?

Proviamo ad aggiungere un’informazione: la quota minimale di quest’anno è di 885,75 a rata, per un totale di 3.543,00 per il 2015.

Riassumendo, la quota minimale è di oltre tremila euro.
Quota minimale significa che, al contrario di quanto avviene con la dichiarazione dei redditi, non ha alcuna importanza che io quest’anno fatturi mille, duemila o addirittura zero, quei soldi devo darli.

In sostanza mi si sta dicendo che piuttosto posso morire, ma per il semplice fatto di avere un’attività devo pagare 3.543,00 euro a un ente previdenziale per una pensione che al 99,9% non vedrò MAI.

Non solo.

La quota percentuale per l’eccedenza, che si calcola su un reddito minimo di 15.548 euro, è del 22,65% fino a 46.123 euro e di 23,65% tra i 46.123 e un massimale di 100.324.

Cosa significano questi numeri?

Supponiamo che un autonomo come me fatturi abbia un reddito di 20.000 euro: occhio, si tratta di una cifra assolutamente credibile per una partita iva, anzi, per alcuni fin troppo alta.
Bene.

Su questi 20.000 euro andremo a pagare 3.543,00 + la quota calcolata sulla parte eccedente, quindi un totale di 4.551,38 euro.

Significa che io sto dando qualcosa come 225 euro per ogni 1.000 fatturati.

Quindi di quei 20.000 ne rimangono 15.448,62.

Bene, uno può dire, dai, te ne avanzano!

No.

Perché da quei 15.448 dovrò poi togliere le tasse che verranno calcolate NON sul residuo, ma sui 20.000 originali, per un totale di circa altri 4.800 euro (e non sto calcolando acconti, irap, tasse locali, eh?).

Residuo?

10.648 euro.

Meno di mille euro al mese.

Il tutto perché bisogna pagare un ente previdenziale che invece di sostenere finisce per dissanguare e che, ripeto, con tutta probabilità non mi erogherà mai una pensione adeguata paragonabile a quello che ho versato.

Se penso anche solo di sfuggita a quanto un’assicurazione privata mi erogherebbe versando tutto quello che ho dato all’INPS dal 1999 a oggi non so se è maggiore la rabbia o le quantità di lacrime che mi si formano.

E sì che le soluzioni sarebbero a portata di mano:

  • togliere il minimale o ridurlo a una cifra ragionevole
  • non obbligare il contribuente a usare l’INPS, ma semplicemente a sottoscrivere un fondo pensioni di sua scelta (come si fa, ad esempio, con l’assicurazione auto)

Questo in un mondo di sogni, perché ovviamente se venisse fatto ora, semplicemente, l’INPS fallirebbe e nessuno, neanche chi in pensione ci è andato da tempo, vedrebbe più un centesimo.

Per cui andiamo avanti a pelare il contribuente, andiamo avanti a spremere i più deboli (che no, mi spiace, non sono i dipendenti, sono le partite iva), tanto la loro necessità di mangiare è assolutamente sovradimensionata.

E a chiunque sia mai venuto in mente di dire “ah, hai la partita iva? Chissà quanti soldi e come te la godi” chiedo un solo favore.

Che si rechi celermente a fare in culo.

Grazie

 

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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4 risposte

  1. La Strega ha detto:

    Ma celermente celermente, eh! Sgrunt.

  2. Mìgola ha detto:

    Devo proprio dirtelo…mi dispiace…questo post non mi è piaciuto.
    Troppo poco o quasi inesistente il turpiloquio. Quando si promette qualcosa si deve mantenere!
    Non so se torno… 😉

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