Harry Potter e i doni della morte
Tutto ha una fine. I bei viaggi, le belle storie, i bei momenti, i brutti periodi. E, ovviamente, anche la mia lettura ritardata di Harry Potter.
Settimo romanzo, fine del viaggio con Harry, Hermione, Ron e col resto dei personaggi. Un settimo capitolo oscuro, difficile, in cui Hogwarts è ormai lontana, o quasi, in cui c’è qualcosa di più grande e importante per cui vivere e lottare.
La Rowlings deve tirare le fila di tutte le trame imbastite e, devo dire, ci riesce piuttosto bene. Non ci sono punti che rimangono appesi, non ci sono contraddizioni, segno che almeno il canovaccio era deciso fin dall’inizio.
Il romanzo è un po’ ostico nella prima metà, la storia sembra lenta e si percepisce a pelle la frustrazione dei personaggi per il non muoversi degli eventi; una sensazione che, pur rendendo la lettura un po’ meno avvincente, contribuisce al realismo della vicenda: quante volte, infatti, si è perso il senso del tempo nelle storie, facendoci sembrare che tutto avvenisse troppo in fretta? Qui la Rowling riesce molto bene, invece, a farci vivere la lentezza e la frustrazione di una ricerca incerta.
La seconda parte è tutta, o quasi, azione: le vicende si muovono, i nodi vengono al pettine, le soluzioni vengono trovate e, purtroppo, molti personaggi perdono la vita nel mentre. Ecco, qui un difetto lo si percepisce: la morte di alcuni personaggi è veramente troppo veloce, quasi accennata, un contrasto davvero troppo netto rispetto alla lentezza della prima parte.
Ma tornando ai personaggi principali abbiamo una Hermione delineata a meraviglia, senza dubbio uno dei migliori personaggi (se non il migliore) dei sette romanzi, esempio fulgido di come dovrebbe essere un personaggio femminile lontano dagli stereotipi, un Ron che inizialmente può provocare molta irritazione, cristallizzato come sembra in vecchi ruoli, per poi finalmente evolvere e un Harry che la smette di essere “piattola” per accettare una volta per tutte il suo destino e i suoi doveri.
Ci sarebbero due menzioni d’onore da fare: una per Silente, che finalmente non è più rappresentato come il Deus Ex Machina infallibile dei romanzi precedenti, ma come un uomo che ha acquisito saggezza a caro prezzo e facendo notevoli errori. Un uomo pronto anche a sacrificare non solo se stesso ma chi ama, se ritiene sia per il bene di tutti. La seconda non posso dirla per non violare la regola degli spoiler nelle mie recensioni. Chi ha letto sa. Chi non ha letto (ok, ce ne saranno pochi, ma lo scrupolo rimane) sappia che un personaggio riceverà una nuova luce, trasformandosi in uno dei migliori di tutta la serie. Dei più coraggiosi e umani. A mio favore posso dire che, non conoscendo la storia, avevo comunque sospettato.
Finisce Harry Potter, quindi. Una saga che, nonostante l’ambientazione fantastica, è riuscita a essere realistica nella definizione della tridimensionalità di buona parte dei personaggi. Lo stesso protagonista, in piena adolescenza, finisce per essere irritante e petulante come un qualunque teen-ager reale e nessuno dei personaggi che lo circondano termina come aveva iniziato. Le sfaccettature, le crescite caratteriali ed emozionali, le ferite, l’apprendimento, i lati oscuri e quelli luminosi, sono tutti aspetti che la Rowling ha voluto e saputo raccontare in buona parte dei personaggi positivi e negativi. Un’enorme eccezione è rappresentata da alcuni degli antagonisti che perdono mordente e risultano stranamente bidimensionali e piatti: lo stesso Voldemort, alla fine, ha uno spessore molto inferiore a quello che veniva fatto presagire; uno di quei casi in cui l’attesa non è comparabile alla resa.
Ma il viaggio è stato bello, emozionante, avvincente. Quando un’amica un paio di giorni fa mi ha chiesto cosa si provasse ad averlo finito, la risposta immediata è stata “mi spiacerà non poterli più seguire”: perché è così, quando dei personaggi escono dalle pagine per una storia tanto lunga diventano amici che ogni tanto vai a controllare come stanno e, quando finisci la saga, l’effetto è quello di un addio a cui seguiranno tanti “chissà cosa stanno facendo ora”.
Grazie Harry, Hermione, Ron, Hagrid e tutti voialtri. Grazie J.K. E’ stato bello.
Concordo in tutto, e aggiungo che io sono rimasta un pochino delusa dall’epilogo: forse si poteva anche omettere, no?
Silente è uno dei miei personaggi preferiti e penso che la Rowling sia riuscita a dargli lo spazio che meritava anche dopo averlo, ehm… fatto precipitare dalla torre dell’orologio nel libro precedente. Spazio che purtroppo non è stato dato a Tom Riddle. Sono d’accordo anche per quanto riguarda chi-sappiamo-noi (XD): niente spoiler, d’accordo, ma possiamo proprio dire che finisce col botto, no? ^^
Non so se si potesse omettere l’epilogo, sicuramente è un po’ attaccato lì, ma probabilmente dà quello sguardo sul futuro che permette di sapere, alla fine, com’è andata.
Finisce col bottissimo l’altro personaggio , altroché (però lo immaginavo, ripeto. Non poteva essere come sembrava, sarebbe stato uno spreco enorme).
Sai cosa? Il problema di Tom Riddle è che, alla fine, è idiota. Non è un “genio del male”, non è tridimensionale. E’ solo molto cattivo e molto presuntuoso.
Concordo. Un idiota che è riuscito a rovinare la vita a molti.
Ora che ci penso è piuttosto realistico. 😛
In effetti…