Degli 11 settembre
Tredicesimo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle e di anno in anno c’è sempre ben poco da aggiungere. Dovrebbe bastare il silenzio e il rispetto per gli innocenti che quel giorno hanno perso la vita, per un momento nella storia occidentale che ci ha cambiati definitivamente.
Dovrebbe bastare, dicevo, ma purtroppo a volte bisogna aggiungere qualcosa.
Anzi, purtroppo a volte alcune persone sentono l’esigenza di dire qualcosa per distinguersi, per non mostrarsi (a loro dire o pensare) pecoroni come gli altri.
Il modo più cool per farlo è dire “ah, ma per me la vera tragedia dell’11 settembre è quella cilena del 1973”.
Una frase del genere è irritante è svilente in tanti di quei modi che faccio fatica a selezionarne solo uno.
Partiamo col più lampante.
Immagino che fino al 2000 tutti quelli che ora lo affermano andassero in giro a ricordare al mondo la tragedia dell’11 settembre 1973, giusto? Perché così non fosse leggerei una piccola contraddizione che sarei davvero malpensante a vedere.
Anzi, immagino che l’11 settembre 2001, mentre cadevano le Torri, sempre queste persone dicessero a chi avevano accanto “ah, cosa vuoi che sia, pensa piuttosto al 1973”.
Se così non fosse troverei quanto meno particolare la scelta di ricordare il 1973 solo dopo, quando altri hanno iniziato a ricordare il 2001.
Nel 1973 sono morte molte più persone? Verissimo.
Fu una tragedia gravissima? Nulla di più vero.
Pertanto fanculo alle celebrazioni in onore del WTC? Anche no.
E’ pazzesco come chi accusa gli altri di vedere morti di serie A e serie B sia il primo poi a catalogare serie A e serie B. In particolare, strano, quelle di serie B sono americane.
Perché, si sa, gli Stati Uniti sono il vero male e tutti gli statunitensi meritano di morire perché il loro paese ha bombardato paesi stranieri e vuole il petrolio e vuole il controllo ecc…
Che scoperta, un paese che attacca chi ritiene i propri nemici.
D’altronde, con questa logica, noi siamo colpevoli di aver collaborato con le deportazioni degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.
“Ah, ma non eravamo mica tutti fascisti”
Ma dai?
Un po’ come il fatto che non erano colpevoli di attacco a nessuno i morti nelle torri?
Com’era la cosa del culo altrui, la ricordiamo?
Non esistono morti di serie A e serie B.
Esistono morti tragiche in tutto il mondo.
In Europa nelle due guerre mondiali, in Cile nel 1973, a New York nel 2001, in Israele e Palestina da troppo tempo.
Tantissime di cui non sapremo nulla.
Alcune, per vari motivi, rimangono più legate a noi perché ci sono più vicine e questo rientra nella cultura e nella sensibilità personale.
E’ obbligatorio ricordarle sempre tutte? No.
Citarne una vuol dire scordarsi le altre? No.
Nessuno dice che sia obbligatorio celebrare l’11/09/01, ma dire che “l’unico 11 settembre è quello del 1973″ è insultare i morti.
Tutti i morti.
Anche quelli del 1973.
(Nell’immagine, personaggi classici dei fumetti americani pregano insieme per tutti i loro morti. Nord e Sud Americani. Come una famiglia di vicini. Come dovrebbe essere)
Se noi davvero crediamo nella santità della vita dobbiamo accettare la santità di tutte le vite. O siamo invece pronti ad accettare le centinaia, le migliaia di morti – anche quelli civili e disarmati – che saranno vittime della nostra rappresaglia? Basterà alle nostre coscienze che quei morti ci vengano presentati, nel gergo da pubbliche relazioni dei militari americani, come “danni collaterali”?
Dipende da quel che faremo, da come reagiremo a questa orribile provocazione, da come vedremo la nostra storia nella scala della storia dell’umanità, il tipo di futuro che ci aspetta. Il problema è che fino a quando penseremo di avere il monopolio del “bene”, fino a che parleremo della nostra come LA civiltà, ignorando le altre, non saremo sulla buona strada.
(…)
Solo se riusciremo a vedere l’universo come un tutt’uno in cui ogni parte riflette la totalità e in cui la grande bellezza sta nella sua diversità, cominceremo a capire chi siamo e dove stiamo. Altrimenti saremo solo come la rana del proverbio cinese che, dal fondo di un pozzo, guarda in su e crede che quel che vede sia tutto il cielo. Duemilacinquecento anni fa un indiano, chiamato poi “illuminato”, spiegava una cosa ovvia: che “l’odio genera solo odio” e che “l’odio si combatte solo con l’amore”. Pochi l’hanno ascoltato. Forse è venuto il momento.
(Tiziano terzani, Orsigna, 14 Settembre 2001)
Al di sopra di tutto, la santità della vita e la bellezza nella diversità.
La speranza che da ogni commemorazione possa nasce quell’unica vera scintilla di cui abbiamo bisogno: quella che faccia di una tragedia un’occasione per costruire altro che non siano ancora morti, tragedie e guerre.
Esattamente