Gustare
A mezzanotte e quindici minuti, a quarant’anni e trentasette giorni, ci si può trovare a fermarsi per gustare il sapore di quel che si sta vivendo.
Basta guardarsi un attimo indietro e intorno e vedere ciò che davvero ci circonda.
Basta pensare a un week-end a Riva del Garda, il cui unico scopo perfettamente assolto è stato il relax più completo.
O l’aver deciso, complice una splendida app per i voli, di andare a New York ad agosto.
Una settimana.
In appartamento.
La mia New York, per farla diventare la nostra New York così come la sua Londra è diventata la nostra Londra.
E l’emozione di cercare, scoprire, programmare, sognare.
Ma ancora il riconoscere in poche parole un cambiamento tanto importante da doverlo sottolineare.
Basta fermarsi.
Rendersi conto di quanto le priorità stiano cambiando.
Di quanto il lavoro sia sempre importante, ma ancora di più è lo stare bene.
E quindi uscire, a un certo punto, per il solo gusto di camminare, che tanto le cose da fare le si possono finire domani.
E decidere che, se dovesse saltare la cena con gli amici, si uscirà lo stesso a mangiare alle bancarelle in piazza Castello perché, semplicemente, mi va e non ho più intenzione di non fare una cosa che mi va, anche se dovessi farla da solo.
Guardarsi indietro. Con più serenità. Coi sensi di colpa che tornano al loro posto, senza essere riusciti a vincere.
Guardarsi allo specchio.
Pensare a quanti lo fanno facendo finta di essere ciò che non potranno mai, a quanti dovrebbero distogliere lo sguardo.
Guardarsi allo specchio.
Fiero di essere arrivato fin qui.
Fiero di ciò che sono, di ciò che siamo, fiero di esserlo stato sempre, anche quando esserlo era la cosa più difficile in assoluto.
Guardarsi allo specchio.
Assetato.
Curioso di ciò che verrà.
Mezzanotte e venticinque minuti del mio quattortidicimilaseicentoquarantesettesimo giorno su questo pianeta.
Il sapore, fino a ora, è buono.
Avanti con le portate.