Battlestar Galactica
Infrango il mio scrupolo nel parlare di serie tv su questi lidi un po’ perché gentilmente esortato a farlo e un po’ perché la serie in oggetto merita che se ne parli.
Ammetto di arrivare tardi: di Battlestar Galactica me ne hanno parlato per anni amici vari, dicendomi quanto fosse bella, quanto andasse vista, quanto fosse imperdibile; in questi casi le possibilità sono due: che una volta vista io mi unisca al coro degli entusiasti o che, viceversa, mi trovi a chiedermi cosa cavolo ci abbiano trovato tante persone.
In questo caso, togliamo subito ogni dubbio, ricadiamo totalmente nel primo caso.
Ma dato che siamo qui cerchiamo di andare un po’ oltre il semplice “è una bella serie”.
Galactica partiva con un’intenzione piuttosto ambiziosa: essere un remake dell’omonima e amata serie degli anni ’70, attualizzandola e appassionando un pubblico molto più smaliziato.
Gli sceneggiatori potevano scegliere tra due strade: ricalcare le vicende della serie originale o, ben più difficile, prenderne alcuni spunti, le idee di fondo e, intorno ad essi, creare qualcosa di completamente nuovo, seguendo strade nuove e, in certi casi, molto coraggiose.
Inutile dire (altrimenti non saremmo qui a parlarne, mi sa) che la scelta fatta è stata la seconda.
Le premesse sono inquietanti: l’umanità è divisa su dodici colonie/pianeti, ognuna delle quali ha tradizioni, culture e identità diverse. Nel passato gli umani avevano creato degli schiavi robotici, i Cylon, che finirono per ribellarsi e dichiarare guerra ai propri creatori. La guerra Umani/Cylon costò anni e vite e raggiunse una tregua quarant’anni prima dell’inizio della miniserie introduttiva. Ora i Cylon sono tornati con un attacco massivo che finisce per sterminare buona parte della popolazione delle colonie.
Solo poco meno di 50.000 esseri umani sopravvivono, protetti da un’unica Battlestar (il Galactica, appunto), che riesce a salvarsi perché “troppo vecchia” per essere controllata dai Cylon.
E i Cylon, in questi dodici anni, si sono evoluti.
Esistono dei nuovi modelli indistinguibili dagli esseri umani.
Questa l’introduzione, ma fermandomi qui farei un torto alla serie, perché le basi, per quanto interessanti, non sono sufficienti a spiegarne i pregi.
Galactica è sì una serie di fantascienza, ma dove la fantascienza è ciò che dovrebbe essere: un’ambientazione, uno sfondo, una scusa per spostare altrove vicende che, altrimenti, avrebbero potuto essere narrate in altri modi.
In Galactica troverete realismo, troverete personaggi tridimensionali che evolvono nelle quattro stagioni, troverete la guerra vera, quella sporca e cruenta, senza navi lucide e lustrini, troverete paura, disperazione, forza, coraggio, vigliaccheria.
Odierete alcuni personaggi, ne amerete altri e vi scoprirete a cambiare i vostri sentimenti nei confronti di molti.
Scordatevi le serie con uno status quo predefinito che non cambia mai o quelle in cui “si cambia tutto per non cambiare nulla”: qui le cose cambiano eccome e non si torna mai indietro.
La missione iniziale cambierà.
E cambierà ancora.
E a un certo punto non si saprà più come e dove trovare salvezza, pace, vita.
E in tutto questo ci sarà il tentativo di mantenere le dinamiche di una vita che non esiste più, ci saranno politica e religione, ci saranno colpi di stato e minacce dall’interno, ci saranno tradimenti e riappacificazioni, morti e crisi mistiche, misteri e rivelazioni.
Senza episodi riempitivi, senza contraddizioni, senza (quasi) misteri non svelati.
Tanti sono i quesiti che vengono posti in una serie del genere. Il rapporto tra un creatore e ciò che ha creato. La responsabilità che la creazione porta con sé. Il diritto alla vita di una specie a scapito o meno di un’altra. La mortalità come criterio del valore della vita. La possibilità di trovare un modo nuovo per risolvere un conflitto e spezzare una spirale infinita di violenza.
Non vi basta per darle una possibilità? Allora, per favore, ditemi a che serie siete abituati, che le voglio vedere anch’io 😉
So say we all.
Dovresti infrangere più spesso 😛
Ci proverò 😉
… e poi arriva Jimy Hendrix… e ti chiedi chi non abbia capito un razzo tra te e gli autori
… e poi ti arrendi
Su su, rispetto a Lost è molto più lineare 😉
Essendo sicuramente una delle persone che più ha caldeggiato questa visione, non posso che sottoscrivere ogni tuo commento positivo.
Quello che più mi colpì, fin da subito, era la coerenza dell’universo narrativo: personaggi e trame non sono mai lasciati al caso, non c’è mai un fill-in, tutto è funzionale, ma mai freddo. Anzi, l’aspetto umano è estremamente presente. Come dici tu è una fantascienza “alla Bradbury”, dove la fantascienza in sè, intesa come visione futuristica, è lo sfondo alle vicende umane. Non è effettivamente la fantascienza al centro del racconto, quanto l’uomo e il suo rapporto con essa. Questa è a mia opinione la fantascienza davvero interessante, che può coinvolgere chiunque, appassionati del genere o meno, ecco perchè mi sentirei di consigliare questo telefilm anche a chi non è per nulla attratto dalle astronavi, ma lo è dalle persone.
Raramente ho trovato dei personaggi così ben caratterizzati e coerenti, disperati e umani.
Mi fa davvero piacere che anche tu l’abbia apprezzata in pieno. Ti dirò, temevo un po’ per il finale, che personalmente mi piacque parecchio, ma che può suscitare anche qualche perplessità.
Ricordo che mi venne fatto notare che ci sono molti richiami alla fede mormone, dato che il produttore della serie originale la professava. Prova a leggere qualcosa a riguardo, alcune cose sono illuminanti sulla serie: ad esempio la loro idea di ciclicità, gli stadi di evoluzione dell’umanità, le loro credenze sugli angeli…
Sì, senza dubbio tu sei stata uno degli sponsor più convinti e convincenti e avevi perfettamente ragione.
Ben poco posso aggiungere alla tua risposta, se non che mi informerò sul discorso religioso che, effettivamente, finisce per essere molto affascinante.
Il finale, ripeto, mi è piaciuto molto.
Mi hai fatto venire voglia di rivederla dall’inizio 🙂 Poi a un certo punto mi sono persa un po’, ma dovrei riprenderla xD
Risultato ottenuto, quindi, bene 🙂