Della bontà
Qualche tempo fa la mia spacciatrice mi ha definito (non per la prima né per l’ultima volta) un buono, ottenendo da parte mia la reazione che quasi sempre mi viene istintiva: una sorta di rifiuto e la volontà di dimostrare il perché io sia tutt’altro che “buono”, quasi come fosse un insulto o un modo di “svilirmi”.
Sembra una contraddizione in termini: se si viene definiti come “buoni” si dovrebbe essere contenti, no?
Eppure troppe volte si scambia il termine “buono” con “bonaccione” e, soprattutto, come “incapace di fare del male”.
Ecco, questa secondo punto è quello su cui io tendo a rispondere.
Io sono capacissimo di fare del male, per cui non sono buono.
Lei, spiazzandomi (sì, esiste chi ci riesce, ogni tanto) mi ha risposto che è certa io sia capace di incazzarmi e fare del male, ma che di partenza io non agisco con l’idea di fare del male alle persone, di comportarmi da stronzo, di sfruttarle a mio favore e questo mi rende un buono.
Effettivamente, vista così, non posso obiettare nulla, ma ho deciso di mettere nero su bianco il modo in cui io sono “buono”.
Io non sono “buono” perché non so essere diversamente, non sono “buono” per debolezza o, peggio, per “fesseria”.
Io lo sono per scelta.
Perché conosco benissimo sia il mio lato positivo che quello negativo, perché so quanto forte e distruttivo possa essere il secondo e ho scelto, per mia moralità, di non usarlo (quasi) mai.
Ma il fatto di controllarlo non significa non esista.
Il fatto di tenerlo a bada significa, anzi, essere conscio di poterlo e saperlo usare consapevolmente se si dovesse presentare l’occasione.
E, in quel caso, il cielo o qualunque pantheon di divinità protegga l’oggetto della mia rabbia, del mio male, perché difficilmente ne uscirebbe integro.
Ma è successo poche volte; in un paio in più è mancata solo l’occasione, in tutti gli altri casi ho sempre optato per un “non ne vale la pena”.
Questo è essere buoni?
Non lo so.
Forse è, semplicemente, avere una propria morale e difenderla a tutti i costi.
Non so se sono buono, ma cerco di essere giusto, quello sì.
E subito sotto a questo tuo post potremmo aprire una lunga disquisizione filosofica con l’aiuto di qualche commentatore compiacente, convinto che possedere una morale significhi essere buoni… sfortunatamente sai che io non appartengo a questa categoria. 😉
Grazie al cielo 🙂
Ti dirò , sposo tutta la linea, me ne approprio sedutastante, perchè “ma parlavi di me??”!!!!!!!!!!!!
Scherzi a parte, mi ci ritrovo tantissimo.
Avevi ragione, “Fai bei Sogni” è un gran bel libro.
Un’elaborazione del dolore e del lutto difficile e laboriosa.
Grande sensibilità e grande capacità nel riuscire a mettersi a nudo in modo semplice e BUONO!!!!
4p
Diversamente cattivo e coerente
Analisi impeccabile dell’essere buono.
Perché buono così lo sono anch’io quindi capisco cosa vuoi dire 🙂
🙂
Questo mi fa pensare al concetto non-violenza elaborato da Gandhi. Avevo sempre creduto che si trattasse di resistenza passiva. Mi sbagliavo e fu una rivelazione
Già, è facile fraintendere. Molto facile.