Storia curiosa della scienza

Spiace quando ci si trova a recensire un autore che si ama senza poterne stendere lodi tout-court, ma purtroppo capita e, stavolta, è il caso di Flavio Oreglio.

Partiamo da un presupposto: Oreglio è indubbiamente un uomo di gran cultura e intelligenza che, per un periodo, ha fatto (bene) anche il comico; partendo con questa premessa ci si può avvicinare agli ultimi suoi libri con una mente aperta ad affrontare non dei testi comici, bensì dei saggi che al loro interno dosano anche un po’ di ironia.

Così è stato per i tre libri del ciclo “Siamo una massa di ignoranti, parliamone” che, lo scrissi anche qui, ho adorato per l’arguzia, per gli spunti e, ovviamente, per il divertimento.

Così, quando è uscito “Storia curiosa della scienza”, l’ho comprato fiducioso di trovare una sorta di continuità con le intenzioni  e lo stile dei precedenti: una continuità che c’era sicuramente nelle intenzioni, ma non purtroppo nei risultati.

Capiamoci: il libro dimostra per l’ennesima volta la cultura dell’autore ed anche il suo amore per la filosofia classica, con un totale rifiuto per l’ingerenza religiosa verso la scienza… una posizione che è assolutamente allineata alla mia, per essere chiari.

Il problema sta nel come questo testo sviluppa gli argomenti: didascalico, nozionistico, con qualche battuta messa lì tanto per ricordare che l’autore sa anche far ridere, ma senza troppa convinzione; in sostanza sembra di leggere un bigino e, invece di affascinare a trasportare in un argomento che effettivamente avrebbe potenzialità enormi, finisce per annoiare o far dire “tutto qui?”.

Il problema è proprio questo: leggere un libro di un autore che apprezzi e finire col dire “tutto qui?”.

Peccato, davvero.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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