Bugiarda

Magari è la stanchezza di un caldo sempre più assassino.

Forse i ricordi di un anno fa e di momenti che difficilmente torneranno più, quanto meno in quella forma.

O ancora quella luce a fine giornata, quando il caldo si smorza lievemente e vorresti solo un tavolino al fresco e qualcuno a cui dire “ci sei? vediamoci lì”.

O, insieme, il ricordare quando quella stessa luce, decenni fa, portava al momento in cui si bagnava il cortile per evitare la polvere e poi magari si giocava a bocce, adulti e bambini, tra sassi e buche.

Chissà, magari sono le memorie di quando si poteva fare un mese al mare a trascorrere il giorno a giocare a beach volley e la sera a cazzeggiare in gruppo.

O ancora foto recuperate dal remoto passato e la tenerezza di vite che non ci sono più, dell’ingenuità, della gioia. E il pensiero che tra quelle foto e oggi ci entra tranquillamente la vita di un adulto.

Può anche essere il profumo dei rametti dei pomodori e le odiate giornate a fare i pelati e la salsa o quando ero incaricato di andare a prendere qualche pomodoro nell’orto per pranzo o cena. Io che neanche li mangiavo, i pomodori. Ma l’odore lo ricordo bene. Come quello del basilico. E del rosmarino. E della salvia. Tutti da andare a prendere per un piatto da preparare. O per i pelati.

C’è il silenzio. A volte cercato, a volte subito.

C’è il non partire ad agosto – probabilmente, quanto meno.

Magari è quel silenzio più presente quando arriva l’estate, il ricordo di chiacchiere sul balcone la sera prima di partire.

C’è sicuramente il pensiero di tanto che non c’è più, tanti che non esistono più, molto che non tornerà.

Probabilmente è tutto questo.

Chiamiamola stanchezza, voglia di leggerezza, voglia di bellezza e di entusiasmo, che probabilmente suona molto meglio.

Oppure diamo la colpa a quella luce, quella luce lì, quella che promette pausa e calore e sorrisi e amicizia e amore.

Che sfacciata bugiarda.