Samhain 2022

Full moon from the banks
Full moon from the banks by U.S. Fish and Wildlife Service is licensed under CC-CC0 1.0

Sono andato a rileggere cosa scrivevo un anno fa per Samhain. Non avevo idea di cosa l’anno a venire avrebbe portato. Parlavo di semi e avevo ragione, anche e soprattutto dicendo che non sapevo che cosa avrebbero portato. Non avevo idea. Non potevo avere idea.

L’anno trascorso è stato carico di inaspettato, di bellezza improvvisa, di vita travolgente, di emozioni inebrianti e di dolori altrettanto forti.

È stato anno di sorprese e di delusioni, di parole ingiuste ricevute, di amicizie allentatesi o sparite.

Dicevo che ero tornato ed era vero, ma era anche vero che non ero neanche lontanamente la versione migliore di me stesso e sicuramente non lo sono ora, ma di certo ho imparato ancora molto più di me durante l’ultimo anno. Lo sto facendo quotidianamente.

Parlavo di nuovi inizi e neanche immaginavo quanto fosse vero eppure oggi, a un anno di distanza, non ho ancora idea di quale sia la strada che quegli inizi hanno portato. E non ho idea se chiedermelo abbia senso.

È stato un anno in cui molto è finito e molto è iniziato, in cui ho fatto cose che non avrei immaginato e ho iniziato nuove cose che già facevo ma in modo nuovo.

Non so se sia stato un anno di inizio, di fine, di transizione o un mix di tutto. Forse un mix di cui ancora c’è da scoprire il sapore preponderante. Come una ricetta scoperta per caso che può finire per essere deliziosa o disgustosa. Ma se non si prova non si può sapere.

Arrivo a questo Samhain con una quantità enorme di ”non”. Ciò che non sono. Ciò che non voglio. Ciò che non ho. Ciò che non c’è. Ciò che non è. Ciò che non è più.

Ma i ”non” possono e dovrebbero essere un modo per definire il positivo per contrasto, no? Se conosci tutti i non allora troverai anche i sì. Sarebbe bello fosse così facile. Non lo è. Non lo è mai.

Però ci si crede.

Ci si vuole credere.

Ci si vuole provare a credere perché, come sentito oggi in una citazione riportata da Francesco Dimitri, anche se non riusciamo davvero a credere a volte è importante che solo il provarci. Anche quello può fare la differenza.

Io non so chi sono oggi. Non so chi sono per me stesso. Non so chi sono per chi mi sta accanto. Non so chi sono per chi amo e ho amato. Non so chi sono nei confronti del resto del mondo.

Ma voglio credere di essere sulla strada che giorno per giorno me lo farà scoprire.

O costruire.

O entrambi.

Perché sì, un anno fa ero tornato, ma ero tornato in forze per poi ridefinirmi. E non ci si ridefinisce in un anno. Forse neanche in una vita. Pensavo di essere completo, ma non sapevo quanto ancora mancasse di me in me. E oggi so soltanto che ancora c’è vuoto. Quanto non è dato saperlo.

Oggi, tornando in macchina in locanda, ho visto Orione in cielo e ho ripensato a quella notte in cui mio padre mi raccontò delle tre stelle della cintura. Ci ripenso spesso, a dire il vero. Era il ponte dell’Immacolata, eravamo sul balcone della casa di mia nonna in Calabria, avrò avuto otto anni, ne sono passati più o meno quaranta.

Quarant’anni, quaranta Samhain, quaranta versioni di me stesso, quaranta vite.

Mentre guardavo Orione l’autoradio passava ”The great song of indifference” e ho pensato che fosse terribilmente adatta a tutto ciò che ci circonda.

E se questo post, fin qui, ha poco senso è forse perché un anno come quello passato ha troppi sensi e ognuno di noi deve tirarne le fila in qualche modo.

Una cosa, però, è certa. Posso non sapere chi sono oggi. Posso non sapere dove sto andando. Posso aver pianto più lacrime di quante avrei voluto. Ma quest’anno sono stato vivo come non mi capitava da non so quanto.

Per cui il primo augurio che posso fare a me e a tutti coloro che vivono Samhain è questo: che vi sentiate vivi. Non importa come, ma che vi sentiate vivi. Che facciate cazzate, che ve ne pentiate, che proviate a rimediare o andiate avanti, che creiate qualcosa di incredibile o vi mettiate a urlare da un ponte di notte, che facciate centinaia di chilometri in pochi giorni o facciate orari che neanche ritenevate possibili, non importa come, ma permettetevi di sentirvi vivi. Pretendetelo da voi stessi. Meritate di sentirvi vivi.

Abbiate paura ogni volta che sarà necessario, ma non permettete che vi ostacoli dal raggiungere la felicità o quanto di più vicino a essa possiate aspirare. Non temete il dolore, non temete la pelle vecchia che deve venire via, non temete la caduta, non temete l’ignoto in favore del noto. O, meglio, temeteli pure. E urlate e soffrite se arriveranno e dovessero farvi male. Ma lasciate che arrivino, perché quello che è al di là ne vale la pena. Magari non come vorreste o come immaginate o come pensate di volere. Ma ne vale la pena, perché sarà qualcosa di voi che non conoscevate.

I semi sono sotto il ghiaccio, scrivevo. I semi che contengono ciò che saremo, nati dal frutto di ciò che eravamo e siamo. Curateli, fateli crescere, ma non aspettatevi che il nuovo frutto sia uguale al vecchio. Non funziona così. Non deve funzionare così. Ed è questo il bello dell’essere vivi.

Buon Samhain a tutti.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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