63. Klaatu Barada Nikto
Negli anni ’50 il cinema statunitense era pieno di film di fantascienza rimasti più o meno nella memoria degli appassionati. Mostri terribili giunti da pianeti lontani la facevano da padroni, con trame che spesso li rendevano poco distinguibili l’uno dall’altro.
Eppure proprio all’inizio del decennio uscì un film molto diverso sia come intenzioni che come modo di raccontare e che, nonostante un inutile remake uscito alcuni anni fa, resta un piccolo gioiello nelle collezioni degli appassionati proprio per ciò che l’ha reso differente dai suoi contemporanei e successori.
Il titolo originale è ”The day the Earth stood still” (il giorno in cui la Terra rimase immobile), tradotto in italiano con un più diretto ”Ultimatum alla Terra”.
Un alieno, Klaatu, giunge sulla Terra per portare un messaggio di pace, che viene quasi subito reso vano a causa di un militare dal grilletto troppo veloce che lo ferisce.
La missione di Klaatu non viene però fermata: l’alieno guarisce velocemente e scopre altrettanto rapidamente che non sarà facile portare il suo messaggio ai governi umani, troppo pronti a mantenere le proprie distanze e ostilità.
Nascostosi in bella vista tra le persone comuni, Klaatu comprenderà che l’unico modo di completare la propria missione sarà quello di rivolgersi alla comunità scientifica, più pronta ad ascoltare e auspicabilmente lontana dai campanilismi della politica.
Senza entrare ulteriormente nel dettaglio della trama, Ultimatum alla Terra è antesignano sotto molti punti di vista.
Anzitutto il messaggio pacifista: pur uscito in pieno maccartismo, il film porta avanti l’idea che le differenze debbano essere appianate col dialogo e col buon senso, pur non escludendo l’uso della forza come elemento di dissuasione (perché innovativo ok, ma siamo sempre negli Stati Uniti degli anni 50). In tutto il film la violenza è vista come lo strumento di chi non capisce, non vuole ascoltare, non vuole pensare e si ritiene ingenuamente imbattibile; la dimostrazione di forza di Klaatu non arriva sotto forma di distruzione, ma di aggressività passiva, se così vogliamo chiamarla: la Terra viene immobilizzata (da qui il titolo originale) disattivando l’elettricità per mezz’ora sull’intero pianeta, con eccezione di tutti quei dispositivi che – spenti – porterebbero alla perdita di vite umane.
Il messaggio è chiaro: siamo così potenti da farvi male e decidiamo di non farlo, ora sta a voi la scelta.
E il secondo spunto si lega al primo: dato che la politica non vede oltre il proprio naso, l’unica speranza è nella scienza, negli individui che vogliono far avanzare l’umanità. Saranno loro a concordare con Klaatu la dimostrazione di forza necessaria e saranno sempre loro a permettere la diffusione del messaggio dell’alieno.
Simbolico è il breve scambio tra Klaatu e la sua controparte, il professor Barnhardt:
– Professore, lei ha fiducia
– La scienza non procede grazie alla fiducia, ma grazie alla curiosità
Non c’è un momento, nel film, in cui si percepisca ostilità da parte di Klaatu: al massimo vediamo condiscendenza, pazienza, amarezza, preoccupazione per il futuro di una razza con tanta potenzialità che potrebbe andare sprecata. È Gort, il robot che giunge con Klaatu, a essere il braccio in grado di distruggere e reagire, ma non avviene mai che Klaatu lo spinga ad agire, tutt’altro: l’alieno si preoccuperà fino all’ultimo che Gort non arrivi a distruggere il pianeta per difendere il suo compagno di viaggio.
Di nuovo abbiamo il concetto di un bene superiore, della necessità di aspirare a guardare oltre le necessità e i pericoli del singolo: del singolo essere vivente, della singola razza, anche del singolo pianeta.
Ovviamente non è un film perfetto e tante sono le ingenuità che fanno sorridere oggi, incluse le distanze di viaggio espresse da Klaatu o il fatto che a un certo punto citi ”l’onnipotente”, ma superandole e permettendoci di gustare la storia nella sua essenza siamo davanti a un racconto di speranza e di preoccupazione innovativo per i tempi in cui è stato proposto.
Resta però da spiegare il titolo di questo posto che è, tra l’altro, una delle citazioni che più viene ripresa in innumerevoli film e libri di fantascienza e non: Klaatu, Barada, Nikto.
Quando Klaatu viene ferito a morte il suo primo pensiero non è vendetta, ma fermare la reazione di Gort, che distruggerebbe il pianeta: per questo incarica un’amica umana di raggiungere il robot e pronunciare quelle parole, che gli daranno il comando necessario a fermarlo.
Klaatu, Barada, Nikto è il simbolo del film: fermare la distruzione per alimentare la speranza, non cedere al dolore per dare un’ultima possibilità.
Se vi capita, dategli una possibilità: potrebbe essere una bella scoperta.
Klaatu, Barada, Nikto.