38. No significa no

Da tempo ormai mi dichiaro esplicitamente femminista o, per essere più preciso, femminista intersezionale. Si tratta di un percorso iniziato anni fa e per il quale sono grato alle persone che in questi anni ho conosciuto e che mi hanno permesso di approfondire innumerevoli aspetti di cui, probabilmente, da solo avrei impiegato molto di più a prendere coscienza.

Proprio perché si tratta di un percorso, però, è fondamentale non fermarsi mai, non ritenersi appagati, non smettere di ricercare e ascoltare le voci delle persone interessate, anche e soprattutto in nome del privilegio che da uomo eterosessuale cisgender indubbiamente ho.

No significa no“, libro di Benedetta Lo Zito pubblicato da Eris Edizioni, assolve perfettamente allo scopo di aiutare la diffusione di un determinato messaggio di decostruzione della sistematica cultura dello stupro.

Ecco, io qui vorrei che andaste avanti a leggere. È probabile che ci sia qualcuno che, leggendo le ultime tre parole del paragrafo precedente, avrà storto il naso e questo che segue è probabilmente più per queste persone che per altri. Proseguite.

Cultura dello stupro significa cultura del potere, significa mantenimento di uno sfruttamento e di un’oppressione delle donne, del corpo femminile, in nome di uno status quo il cui retaggio è ormai perso nei tempi. Come dice Lo Zito nel libro: lo stupro non riguarda mai il sesso, riguarda il potere. Lo stupro è forma di potere, forma di oppressione personale e politica, non è mosso dal desiderio sessuale, ma dalla volontà di esercitare una forma di controllo su un soggetto ritenuto inferiore.

Il famigerato “mettere al proprio posto”, per dire.

E parte di tale cultura sono il sessismo, le orribile battute da spogliatoio, il catcalling, le dick pic non richieste, fino ai casi più peggiori di stupro vero e proprio e di femminicidio: tutto fa parte della stessa identica cultura che è nostro dovere fare a pezzi.

Il libro di Lo Zito ha esattamente questo scopo o, meglio, ha lo scopo di fornire le basi per parlarne con altri. Chi ha già iniziato un percorso, chi ha approfondito tramite altre fonti, probabilmente non troverà nulla di nuovo, se non un testo molto chiaro, diretto, scritto quasi in stile social. Ma magari troverà a sua volta spunti per diffondere il concetto, per raccontare meglio, riportando passi del libro o semplicemente regalandolo.

“No significa no” non nasce per chi già sa, sebbene un ripasso non faccia mai male, nasce perché chi sa aiuti a lottare e a mostrare a chi non sa, a chi non vede, a chi non vuole vedere.

Fondamentale il capitolo finale, in cui l’autrice racconta della propria esperienza di survivor, non perché questo debba soddisfare qualche morbosa curiosità, ma perché è indispensabile ascoltare e capire cosa si prova dalla parte di chi certe esperienze le subisce o le ha subite.

Si tratta di un libro piccolo, veloce da leggere, ma necessario – lo ripeto – soprattutto se siete all’inizio del vostro percorso o volete aiutare qualcuno a cominciare a capire. In quest’ottica, unico appunto, penso che forse qualche spiegazione in più su alcuni background o alcuni termini sarebbe stato utile, proprio per includere un maggior numero di persone, ma penso sia un peccato veniale e facilmente superabile.


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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