36. Raccontare e spiegare
Io, lo so, ho molte persone che mi vogliono bene. Che sono pronte ad ascoltare se le cerco. A supportarmi in vari momenti. Ne sono consapevole.
Ma ci sono volte in cui ciò che vivi è così tuo, così particolare, che le scelte che fai sono talmente legate alla tua essenza, che la buona volontà non basterebbe: sai già che oltre a farti ascoltare dovresti spiegare. E certe volte non hai voglia di farlo, perché spiegare consuma energie.
In questi giorni sono accadute cose importanti per le quali avrei avuto bisogno di raccontare senza spiegare, di qualcuno che mi conoscesse così bene e mi capisse al punto da poter semplicemente elencare i fatti, sapendo che avrebbe riempito gli spazi in autonomia.
Fino a ieri pensavo non ci fosse. Sapevo già che avrei parlato probabilmente a una o due persone, ma avevo messo in cantiere potenzialmente di dover spiegare. E magari spiegare ancora. E ancora.
Poi stamattina una persona mi è comparsa in mente.
Un’amica.
Un’amica che per anni è stata come una sorella e poi ci siamo persi di vista a lungo senza un vero motivo, ritrovandoci tanto tempo dopo. Eppure quel legame, sebbene lo viviamo raramente, non si è mai affievolito, non si è mai consumato, è lì dormiente.
Non ci ho neanche pensato: le ho mandato un vocale, lei ha risposto e poco dopo eravamo al telefono. Un’ora e qualcosa.
E ha capito, senza spiegazioni. Ha ascoltato. Ha assimilato. Ha detto cose che io stesso avevo detto due giorni prima, senza che io gliele anticipassi.
Ma soprattutto ha compreso le mie scelte. Non come fa una persona che in qualche modo ti dà il contentino, ma come qualcuno che sa chi sei: io so per certo che, fosse stato necessario, mi avrebbe dato contro.
Non solo non l’ha fatto, ma ha detto che queste scelte sono le uniche che io, per ciò che sono, avrei potuto fare. Che se anche sono quelle che molti non avrebbero fatto, sono esattamente quelle che fanno di me ciò che sono e se avessi agito in maniera diversa mi sarei dilaniato.
“Tu puoi affrontare il rischio di stare male, non quello di non vivere”.
E ha ragione.
Ha semplicemente ragione.
E per quanto io possa esserne consapevole, sentire quelle parole da qualcuno che sa chi sei perché condivide con te anima e valori, che conosce la tua essenza, che sa cosa ti fa vivere e cosa invece ti ucciderebbe dentro, è quanto di più rinvigorente si possa vivere quando si sta affrontando un qualcosa di fondamentale e complesso.
Ti ricorda che ciò che sei tu è qualcosa che ti rende unico, che ciò che andrebbe bene per molti può non andar bene per te ed è giusto così. Ciò che ci rende diversi è ciò che ci caratterizza e se la nostra diversità ci rende unici non per questo ci rende sbagliati.
Non noi.
Non ciò che proviamo.
Non ciò che viviamo.
Non le nostre scelte.
E avere qualcuno che te lo ricorda è quanto di più importante possa esistere.
Oggi ho avuto modo di ricordare molte cose.
Che seguire la mia essenza non sarà mai un errore, nonostante il rischio.
Che scegliere di correre un rischio significa sì poter stare molto male in futuro, ma anche di poter ottenere qualcosa che sarebbe stato impossibile altrimenti.
Che chiedere, ricordarsi di farlo, è indispensabile.
E che la persona giusta, quella che ti conosce o sa capirti, non è detto che sia qualcuno che è nel tuo quotidiano.
Può essere semplicemente qualcuno che farà sempre parte di te.