26. Annunci


Mi trovo di nuovo in un paese di cui fino a stamattina non conoscevo l’esistenza, il che devo dire che non mi dispiace affatto, non solo per l’ovvia motivazione di avere occasione di passare tempo per lei, ma perché mi diverte avere modo di lavorare in luoghi diversi, tendenzialmente improbabili, e nel frattempo rubare scorci di altre vite.

Poi ogni tanto ci scappano anche pause notevoli, ma quello è un altro discorso.

Comunque.

Mi trovo in questo luogo, dicevo, e mentre lei lavora mi metto a passeggiare un po’ prima di riprendere anch’io.

Incrocio il negozio di una barbiera. Lady Barber, nel caso ci fossero dubbi. Accarezzo il pensiero che sarebbe stato divertente farmi regolare la barba qui, da Lady Barber, in un luogo mai sentito prima, ma ho già dato sabato, sarà per una prossima volta.

L’insegna recita “since 2019” e mi sento di dire che Lady Barber ha molta autostima e/o fiducia nel futuro. La rispetto, per principio.

Poco più avanti un bar espone il nuovo cartello dei gelati algida. Quest’anno c’è un cornetto gusto ”milkshake al lampone”.

Ora.

Il milkshake è per definizione gelato frullato col latte, giusto?

Quindi, se vogliamo essere pignoli (e io sono pignoli e anche un po’ rompicazzo), stiamo dicendo che esiste un cornetto al gusto ”gelato al lampone frullato col latte”. Quindi un gelato al gelato al lampone frullato col latte.

Mi sento autorizzato a sentirmi perplesso.

Incrocio la stazione. È una di quelle stazioni di una volta. Due binari in tutto, costruzione uguale a quella di mille altri paesi sconosciuti. La biglietteria non esiste più, ovviamente, sostituita dal distributore automatico. 

Non c’è neanche l’edicola.

Peccato, perché le porcherie che si trovavano nelle edicole delle stazioni come questa erano impagabili. 

Tipo le raccolte di riviste mai sentite, naturalmente di quindici anni prima, i porno a fumetti che poi trovavi dal parrucchiere (che cultura mi sono fatto quando andavo a tagliarmi i capelli), i cruciverba con le definizioni scritte durante la Prima Guerra Mondiale.

La mia curiosità mi spinge a entrare, ma prima cammino lungo la facciata esterna. C’è un posto di polizia. Da una finestra aperta una luce mi abbaglia. Penso immediatamente a un interrogatorio in corso: chi lo sa che in questo luogo la criminalità non sia invece un problema enorme e qui, solo qui, dei ligi tutori della legge e dell’ordine stiano lottando contro una tentacolare organizzazione internazionale? Ci potrebbero scrivere una serie Rai. Ovviamente con protagonista Luca Argentero o Beppe Fiorello.

Comunque no, la luce non è un interrogatorio: sono i riflessi della maglia indossata da un’impiegata all’interno che deve aver rubato una luce stroboscopica da una discoteca anni ‘70 dismessa e averla trasformata in un capo d’abbigliamento sobrio e non impegnativo.

Entro, accedo al binario 1 (di 2). Sono l’unico presente. Alla mia destra e alla mia sinistra si estendono i binari, senza una curva a vista d’occhio.

Sono imbambolato, non so neanch’io perché. Probabilmente ho preso troppo sole durante la pausa pranzo, ma mi piace far finta di stare ragionando sulla simbologia dei binari senza curve che mi si parano davanti.

Fallisco miseramente.

Mentre sono concentrato nel tentativo una voce registrata spezza il silenzio.

“Attenzione, si ricorda che è severamente vietato attraversare i binari, si prega di usare i sottopassaggi”.

Resto un attimo perplesso.

Mi guardo dietro le spalle.

Nessuno.

Mi guardo a destra. 

Niente, a parte i binari, sempre senza curve.

Mi guardo a sinistra.

Sorpresa!

No, scherzo, niente neanche lì.

Mi sento quasi in dovere di rispondere, magari sono preoccupati e pensano voglia lanciarmi di corsa attraverso i binari. Ragiono se urlare “grazie, ma davvero, non volevo, non preoccupatevi”, ma esito.

Nuovo messaggio.

“Si raccomanda di mantenere la distanza di sicurezza e indossare la mascherina”.

Se qualcuno mi vedesse ora noterebbe l’enorme punto di domanda sulla mia testa, ma quel se è enorme.

Mi riguardo intorno in tutte le direzioni.

Potrebbe stupire, ma ancora nessuno.

Sono solo peggio di una particella di sodio.

“Mi sento di rassicurare di stare rispettando una sufficiente distanza” rispondo. Però non urlo, che se vogliono sentirmi mi sentono.

In tutta risposta riparte il primo messaggio. Sono davvero preoccupati, ora mi sento in dovere di dire qualcosa.

“No, non voglio attraversare, davvero, tranquilli, non fatevi prendere dall’ansia”.

Quando rispondi per due volte a una voce registrata è il caso di andartene, ovunque ti trovi. Sia mai che possa iniziare un dialogo.

Esco, deciso ma senza far trapelare la mia fretta, non si sa mai.

All’esterno un po’ di gente aspetta l’autobus, ignari della voce preoccupata all’interno.

Mi dirigo verso un caffè ma una domanda mi resta appiccicata addosso: se un annuncio parte in una stazione vuota, quell’annuncio esiste?

Troppo sole. Decisamente.


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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