Sticazzodiamici

Quando a fine gennaio mi sono iscritto a Clubhouse l’ho fatto mosso esclusivamente dalla curiosità. Le prime impressioni furono di una piattaforma interessante ma che non sapevo quanto avrei frequentato, in cui si potevano sì fare chiacchiere interessanti ma troppo spesso si incrociavano persone che se la cantavano e se la suonavano, raccontando al mondo quanto erano bravi, fighi e di successo.

Poi, complice anche una catena di eventi che ancora un po’ mi stupisce, ho incrociato di tre persone che, tra loro, già si conoscevano da tempo (oltre vent’anni in un caso). Piacevoli, simpatiche: la prima impressione fu, molto banalmente, questa; sufficiente a iniziare a seguirci reciprocamente anche su Instagram. Sufficiente per tornare con piacere nelle stanze in cui c’erano.

Il piacere di interagire con loro per me era sempre più evidente ma, ovviamente, potevo parlare solo per me stesso. Poi, un giorno, mi invitarono in una chat di gruppo per parlare degli argomenti di cui già discutevamo su Clubhouse: mi fece piacere, ovviamente, ma soprattutto mi stupì; davvero volevano mi unissi a loro? Ne erano certi? Non lo espressi, ma lo pensai.

Mi unii praticamente subito. In in linea di massima non amo le chat di gruppo, tendo a stancarmene, eppure quella aveva un buon sapore: molto più simile a una chiacchiera con vecchi amici che a una chat con persone appena conosciute; intanto sia su Clubhouse venivano attratte – non saprei definirlo diversamente – altre persone, non tutte uguali eppure tutte affini. Le chat sono diventate due. Le stanze su Clubhouse si sono moltiplicate. Abbiamo creato un Club.

Ma, soprattutto, si è formato un gruppo di otto persone che si sentono in (due o più) chat tutti i giorni, che giocano a Scacchi o a Ruzzle, che fanno lunghe videochat ogni sabato e domenica, che creano Flower Challenges senza mettersi d’accordo, che fanno una premiazione vestendosi (almeno due, coff coff) in tiro, ma che soprattutto ridono come degli scemi la maggior parte del tempo in attesa del momento in cui potranno farlo dal vivo.

Ecco, gli altri sette di questo gruppo, oggi hanno iniziato a mandarmi una serie di messaggi criptici; dopo il terzo ho iniziato a intuire la piega che stava prendendo la serata: i messaggi sono diventati sei, seguiti da una videochat in cui sono stato gentilmente invitato ad andare su un sito assolutamente non sospetto (sergiocliccamicomesolotusaifare . org: sì, è davvero stato registrato) per rispondere a un questionario degno della scemenza comune.

Il tutto perché? Per farmi un regalo di compleanno. E farlo a modo nostro, ridendoci, condividendo, sparando cazzate. Ma soprattutto mostrando un affetto che è incredibile provare per persone mai viste dal vivo e che si sono incontrate (almeno nel mio caso) da meno di due mesi.

Ecco, io – chi mi legge lo sa – credo che riconoscere ciò che di bello ci succede sia fondamentale anche nei periodi peggiori. Soprattutto nei periodi peggiori. E se c’è una cosa che posso dire per certo è che in questi ultimi due mesi la presenza di queste persone mi ha permesso di vivere molto meglio anche momenti in cui l’umore era molto a terra. E ora questo: non solo il volermi fare un regalo (non erano tenuti, affatto), ma volerlo creare così, usando quel linguaggio comune che si è creato spontaneamente.

È legame. È appartenenza. È una forma d’amore. Ed è ossigeno.

Per cui grazie a Elisa, Fabrizio, Giulia, Maria Chiara, Nicola, Rudy e Simona (ordine rigorosamente alfabetico :-P). Grazie davvero, sticazzodiamici, vi voglio bene.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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