Il mattino ha loro in bocca (no, non è un refuso)
Da un paio di settimane sto cercando di alzarmi un po’ prima per provare a modificare i miei ritmi; il livello di buona volontà che sto impiegando è tale che anche nei giorni in cui non devo lavorare lascio la sveglia alle 7.30, togliendola esclusivamente il sabato e la domenica. Può sembrare qualcosa di banale, ma assicuro chi non mi conosce che io mi sono sempre definito animale notturno e impostare una sveglia se non spinto da motivi di impegni è un sacrificio notevole.
E non sono sicuro ne valga la pena.
Ore 8.30 di oggi. Preparo il caffè con la nuova Nespresso che ha sostituito la mia vecchia e onorata Lattissima. La nuova macchina ha un meccanismo per cui per fare cadere la cialda usata devi spostare una leva che ne apre lo sportellino spingendolo in avanti. Nessun problema di solito. Ma oggi davanti era rimasta la tazza piena di caffè lungo caldo che ha ben pensato così di suicidarsi sul pavimento non prima di distribuire una buona dose del suddetto liquido sulla mia gamba nuda. Fortunatamente non era ustionante, per cui l’unica conseguenza sono stata la rottura della tazza e le mie madonne ben percepite da chi in quel momento mi stava ascoltando in stanza ClubHouse. Piccola chicca aggiuntiva: un pezzo della tazza è finito sotto la porta di ingresso, che pertanto sembrava bloccata; prima di risolvere stavo già immaginandomi chiamare un fabbro per spiegargli che ero bloccato in casa e, alla richiesta di spiegazioni, rispondergli che mi si era rotta la tazza del caffè. Già.
Ore 9.30 passate, forse 9.45. Prima di dedicare la mattinata a fare la spesa vado in farmacia. Dato che un ragazzo straniero entrato prima di me non ha preso il numero decido, quando se ne accorge, di cedergli il mio per non fargli perdere il turno. Io prendo il suo anche se questo implica finire dietro la signora molto anziana entrata dopo di me. “Non ho fretta” mi dico. “E poi quanto vuoi che impieghi” continuo. Illuso.
La signora in questione ha deciso che i medicinali prescrittigli dal medico non vadano bene perché lei non li sa usare e vuole quelli che ha sempre preso anche se non è detto siano per la stessa cosa. Inoltre vuole glieli cambino e quando la dottoressa dietro il banco cerca di farle capire che non è che si possano cambiare i medicinali senza sapere come siano stati conservati, la dolce vecchina (che “ina” non era molto, dato che era più alta di me) ribadisce che lei mica l’ha usato, ha solo guardato dentro la scatola. Dopo di che dice che vuole che la vaccinino e qui parte iter di spiegazione per comunicarle che loro non vaccinano, ma prendono la prenotazione per il vaccino e che poi verrà chiamata, ovviamente se ha più di 80 anni (ne ho 88, faccia un po’ lei! Tra due anni sono 90). Alla comunicazione della di lei età un’altra donna anziana ma apparentemente più giovane parte facendole i complimenti (per cosa? Perché è viva? Chiedi sinceramente) e poi iniziando a dirle che non doveva lamentarsi se barcollava perché lei invece aveva il marito a casa che era un po’ più giovane e non capiva nulla. Il tutto, ricordo, mentre noi altri eravamo in coda.
Incredibilmente giunge il mio turno in un’altra cassa (non prima che la signora col marito non lucido prima si mette a sindacare sul resto e poi torna indietro perché stava scordando gli acquisti appena fatti) e mentre sbrigo le mie faccende sento la conversazione della prima signora che ancora non si è schiodata. Alla fine la dottoressa ha deciso di darle i soldi indietro e poi farle acquistare il medicinale che voleva (anche se – diciamolo per correttezza – ha ripetuto più volte che il medico aveva prescritto qualcosa di molto diverso).
”Signora, io ora le ho rimborsato i soldi. Questo invece è il suo medicinale, che deve pagare. Costa 7,20. Ha capito?”
”Sì sì, capito”
Prende il medicinale e fa per andare via.
”Signora, mi scusi, deve pagarlo”
”Ah, devo pagarlo? Ah, non avevo mica capito. E quant’è?”
“7,20”
Esco dalla farmacia che è ancora lì.
Sono le 10.15.
Ora ditemi, se ne avete il coraggio, che alzarsi la mattina presto fa bene.
Ora comprendo il messaggio della tazza. Io ho pensato si trattasse di un semplice incidente sfortunato dovuto alla mia sonnolenza e invece no! Lei, povera, si era sacrificata. Voleva avvisarmi di non farlo. Di tornare a letto finché facevo in tempo. E l’ha fatto nel solo modo possibile: suicidandosi e facendosi in mille pezzi.
Ah, ma mi rendo conto che manca un particolare: sulla tazza c’era scritto “I’m not a morning person”.
Perdonami, tazza.
Non ti ho saputa ascoltare.
Perdona il sorriso che mi ha suscitato il pezzo di tazza sotto la porta con le eventuali conseguenze col fabbro… sì, decisamente una giornata NO!
Un abbraccio.
(Ps: finalmente sono riuscita a connettermi per commentare, provavo pervicacemente con google ma non c’era verso, alla fine mi son connessa con fb ed eccomi qui.
Tranquilla, sorriso previsto e ben accetto