Impostore

thinking environment depressed depression
Photo by Download a pic Donate a buck! ^ on Pexels.com

Non vorrai pubblicarlo, vero?
Di nuovo tu? Sparisci.
Ti sembra modo di trattarmi?
Te l’ho detto. Sparisci. Non voglio più avere niente a che fare con te.
Sto solo cercando di aiutarti. Non vorrai davvero pubblicare quella roba?
È patetico. Rideranno di te.
Nessuno ride di me. Nessuno.
Ahahaaha. Visto? Io sto ridendo. Sei divertente, in fondo.
Cosa? Cosa c’è di divertente?
Che ci credi ancora. Credi davvero che a qualcuno interessi quello che scrivi o quello che pensi.
È così. Puoi dire quello che vuoi, ma è così. Che ti piaccia o meno.
A me? Ma tu mi fraintendi. Io sarei felicissimo per te se fosse così. Ma non lo è e mi spiace vederti illudere. Ti rendi ridicolo.
No. No, me lo dicono.
Chi te lo dice? Chi? I tuoi amici? Ma se molti neanche ti leggono più. Li hai stufati. Non interessa. Sei colore.
No, non è vero. Molti mi leggono, ma non dicono nulla.
Eccoti. E quindi come sai che piace?
Piantala! Perché c’è chi me lo dice!
Mentono. Ti danno il contentino.
E perché dovrebbero? Che senso ha?
Ma perché in fondo fai tenerezza, dai. Così convinto di riuscire a fare qualcosa. Dispiace deluderti. Quanto meno a loro. Io sono più diretto.
Tu sei stronzo.
Sono sincero.
Tutti gli stronzi dicono così.
Va bene. Facciamo finta tu abbia ragione. Forza, se sei così bravo, dimmi cos’hai fatto di buono.
Lo sai benissimo.
No, sei tu che lo sai, sembra. Io so ben altro.
Ti odio.
Ti ricordo che sono te.
No. E comunque anche fosse, ti odio.
Quindi odi te stesso.
NO! Sì. Non lo so. Mi confondi.
Se lo dici tu. Ma intanto sto aspettando.
Ho il blog da quindici anni!
Ah beh. E dove ti ha portato di preciso? Qualcuno sa chi sei?
Chi mi legge.
Ah, quell’enorme bacino di lettori che diffonde il tuo nome a destra e manca. Chiaro. Siamo nel 2021 e parli di blog. Sei fuori tempo massimo e neanche te ne accorgi.
Io amo scrivere. Il blog mi serve per questo.
Non significa tu sappia farlo.
Ho scritto dei racconti!
Quanti? Sei? Sette? Dieci? Come un adolescente che cerca la sua strada. Solo che tu hai 47 anni. Cresci.
Ho scritto un romanzo!
Ah, il FAMOSO romanzo. Quello che neanche la persona con cui stavi ha mai letto, giusto? Quello che ha fatto sparire molti dopo che avevano promesso di leggerlo?
Cosa c’entra? Altri l’hanno adorato!
Adorato! Non volevano offenderti! Come fai a essere così cieco? Se è così valido, dimmi, quando lo pubblicano?
Sei stronzo.
No, ti mostro la verità che non vuoi vedere.
Perché dovrebbero mentirmi? Cosa importa loro?
Non si fa così coi bambini e gli illusi? Si fanno i complimenti, tanto non fa male a nessuno. Ecco, tu sei come un bambino illuso.
No. No. Stanno anche ascoltandolo. E mi commentano. E si appassionano.
Non hanno di meglio da fare. Il covid fa annoiare, sai?
Piantala. PIANTALA.
Ma poi guardati. Vorresti scrivere per vivere. Quanto hai impiegato a terminare questo? Otto anni! OTTO! Sei ridicolo. I veri scrittori – quelli che vengono pubblicati, hai presente? – ne scrivono uno l’anno, anche di più. E tu continui a rompere le palle con questo patetico risultato.
Sai, c’è chi ha anche da lavorare. E da vivere. E da gestire la merda che capita.
Scuse. Non sei capace. L’hai finito, ok, te ne rendo atto. Ma non sei uno scrittore. Non lo sarai mai. Guarda, quelli che scrivono veramente. Guardali. Guarda il rispetto che hanno anche dalle persone a cui vuoi bene. Guarda la differenza. Fattene una ragione.
Io…. forse… no! No, non puoi avere ragione.
Lo sai che ce l’ho. E come non bastasse lo leggi pure. Ti piace davvero renderti ridicolo, vero?
Ha fatto più di 1.600 ascolti!
E la maggioranza sono nel teaser. Ridicolo.
Sta piacendo!
A chi? Quanti ti scrivono che gli piace? Quanti ti aggiornano mentre ascoltano?
Smettila. È che danno per scontato. Non si preoccupano di dovermelo dire.
Bravo, continua a raccontartela. Tanto è di te che ridono, mica di me.
Non hai detto che sei me?
Solo quando ragioni.
Stronzo.
Ti stai ripetendo, scrittore. E podcaster. AHAHAHAH. Questo dici quando ti chiedono cosa fai, vero?
Beh, lo sono.
No. Sei solo uno che si è trovato a fare due podcast che hanno successo nonostante lui.
Nonostante?
Nonostante.
Ma se uno ha quasi 50.000 ascolti!
Piacciono gli argomenti. E a volte sei simpatico, te lo concedo. Ma non sei un podcaster. Non sei un professionista. Non sei nessuno.
Ho imparato a fare editing da solo.
Te lo concedo. Manovalanza.
E l’altro? Ci fanno complimenti fior fiore di gente in gamba!
Bravo. Plurale. Perché sono educati. Ma dai, è evidente che i complimenti sono per lei. Tu? Tu sei accessorio, a dir tanto.
Ma lei mi ha detto…
E cosa dovrebbe dirti?
E gli altri?
Te l’ho già detto. È nonostante ci sia tu. D’altronde: lei è un’esperta, tu cosa sei? Un appassionato che ha letto qualche libro e fatto un corso di pochi giorni? Ma ti rendi conto che non c’è confronto?
Lo so che non c’è confronto. Ma credevo… Io faccio del mio meglio. Sempre.
Pensa quanto poco conta.
Lo dici tu.
Io sono sincero.
No, sei stronzo.
E comunque, vedi, almeno c’è chi mi vuole bene.
Sì?
Sì.
E come lo sai? Te lo dicono?
No. Cioè, sì. Cioè, ogni tanto sì. Ma ci sono. Me lo dimostrano. E se mi vogliono bene vuol dire che me lo merito.
Beh, adesso… ammesso e non concesso che tu abbia ragione, dire che te lo meriti…
Cosa vuoi dire ora? Neanche questo vuoi lasciarmi?
Davvero vuoi ti risponda?
No. Sì. No. Non lo so. Vorrei solo te ne andassi.
Non posso. Ti servo.
A far che? Sotterrarmi?
Mostrarti la realtà.
La TUA realtà.
No, la realtà. La realtà è unica.

Ti vogliono bene, dici? Chi? Quante persone sono sparite negli anni? Quante nell’ultimo anno?
Che c’entra? Le strade si separano. Se ne uniscono altre. E quest’anno ognuno aveva i suoi cazzi.
Già. Chi c’era con te la sera della vigilia, ricordamelo?
Sei una merda. Sai bene la situazione. Però avevo tanti pensieri di chi si è ricordato di me. Ti pare poco?
No, non è poco. Ma chiediti comunque che persona sei per essere rimasto da solo quella sera.
Lo sai che me lo sono chiesto ogni giorno. Lo sai. E poi vogliamo parlare di Natale? Di Santo Stefano? Di Capodanno? Non contano?
Per cosa?
Per dimostrare chi sono?
Magari dimostra solo chi sono le persone con cui l’hai trascorso.
Anche. Ma non solo.
Se lo dici tu… Quindi, che persona sei? Cosa sei tu?
Dimmelo tu, dato che sai tutto.
Ma è ovvio. Sei accessorio. Sì, dai, a qualcuno vai a genio. Può essere piacevole passare tempo con te. Sei di compagnia. Ma sei accessorio. Se sparissi non cambierebbe nulla. A nessuno.
No, mancherei. Mancherei a tanti. Lo so.
Ne sei certo?
Io… sì. Sì, ne sono certo.
Se lo dici tu. Devono essere rassicuranti certe illusioni. D’altronde quanti ti scrivono e chiamano solo perché vogliono sentire la tua voce, vero? Ma senti, come va il cuore?
Cosa sei, cardiologo, ora?
Lo Zelig è chiuso, puoi evitare le battute. Rispondi.
Io… ci vuole tempo.
Tempo? Per cosa?
Perché succeda.
Succeda cosa? Che lei ti ami? Che qualcuna ti ami? Che cosa? Ma ti sei visto? Ma chi vorrebbe stare con te? Fai schifo, non ti vedi? Ricordi quando tua madre ti pizzicava la pancia per dirti che ce n’era troppa? Ed eri un fuscello rispetto a ora.
NON C’È BISOGNO TU ME LO DICA, SAI? Ho lo specchio. Mi vedo ogni giorno. Ma io non sono solo quello! Sono stato amato. E lo sarò ancora. Me lo merito.
Te lo… meriti? Cos’è, un bacio perugina? Non meriti nulla, tu. Ciò che hai avuto è stato di culo e ciò che avrai, se lo avrai, sarà concessione. Mettitelo in testa una volta per tutte.
No. Io so chi sono. So cosa valgo. So quanto posso amare.
Già. Peccato che poi qualcuna debba voler essere amata da te. Ops.
È successo.
E guardati con che risultati. Ricordati la vigilia. Guarda quante persone fanno la coda per te. Guarda LEI come ti sta cagando. Quanto le interessa davvero di te, quanto meno in quel modo. Accessorio, ricordi? Non sei desiderato. Non sei richiesto. Sei accettato. Tollerato. E certe volte disturbi proprio. Quante volte hai scoperto che eri di troppo? E ancora non hai imparato?
No.
Sempre secondo. Seconda scelta. Scelto, sì, ma se non c’è nulla di meglio in giro. Sei la seconda scelta. La terza. Ma tu? No, non sei prioritario per nessuno. Per nessuna. Non sei abbastanza. In nulla.
Non è vero. No. Io sono molto. Sono interessante. Sono empatico. Mi importa degli altri. Ci sono per tutti. Mi miglioro. Cresco.
Vuoi un applauso?
No, voglio dimostrarti che valgo.
Se vali così tanto, perché è così faticoso?
Io… non lo so.
Appunto.
Smettila. SMETTILA. Io sono io. Ho fatto tanto! Sono sopravvissuto quando mia madre è morta.
E quante volte hai pensato di seguirla?
I pensieri sono liberi!
Ho aperto la mia attività a 25 anni!
Ricordami quando ti sei laureato, scusa?
Ci ho provato! Ma dovevo lavorare! E non avevo soldi per riscattare gli anni, lo sai!
Davvero? E allora perché tuo padre disse che se davvero avessi voluto avresti trovato il modo?
Io… no, lui sbagliava. Non mi ha aiutato. Ho fatto tutto da solo.
E non sei diventato nessuno.
Smettila.
Come ti disse quella volta? “Se lavorassi dipendente ora saresti qualcuno”?
Lui non capiva.
O forse sì. Forse tu non hai mai capito. Forse ti sei sempre illuso. Illuso. Ecco cosa sei. Illuso. Di contare. Di meritare. Di valere. Di servire. Di essere prezioso per qualcuno. Illuso che ti si possa volere bene per quello che sei. Al massimo ti si vuole bene nonostante quello che sei, come faceva lui. Ti si accetta.
No.
Ora basta.
Io so chi sei. So cosa sei. So che non sei reale. So di chi sei figlio. Di cosa sei figlio. Ma non sei reale. Non lo sei. Non sei niente. Io sono, tu no. Tu non sei. Tu distruggi, io voglio costuire. Io SO costruire.
Arrivi e pensi di poter distruggere ciò che sono.
Ciò che ho fatto, vissuto. Chi e cosa ho amato. Ciò che amo. Chi amo. Chi amerò e cosa amerò.
Non sono il meglio? Tanto piacere. Non sono desiderabile? Grazie tante. Non sono la prima scelta? Prima o poi lo sarò di nuovo.
Perché io so chi sono.
So cosa sono.
So cosa merito.
E sono stufo di averti tra le palle.
Sono stufo di sentirti.
Devi sparire, una volta per tutte.
Anzi, sai cosa faccio? Ora pubblico tutto questo. Così ti mostrerò per ciò che sei e mi libererò di te una volta per tutte!
Uhhhhh, che paura. Davvero pensi basti? Ci hai provato tante volte, eppure sono ancora qui. E sono qui perché tu me lo permetti, sai? E perché me lo permetti?
Io… no, non sono io.
Certo che sei tu. Io sono te. Tu me lo permetti. Perché? Dai, che lo sai.
Io… io…
Su, signor Io valgo, rispondi.
Io non voglio averti. Non voglio tu ci sia.
Eppure…
Eppure?
Eppure ci sono volte…
Volte che…
Che non posso fare a meno di chiedermi…
Su, dillo.
….
Forza.

… e se avessi ragione tu?

Un necessario disclaimer a posteriori. Questo è forse uno dei post più difficili e dolorosi che abbia scritto. Difficilmente sarò mai così nudo qui sopra come lo sono ora, ho ancora le lacrime agli occhi. Ma se dovesse servire a chiunque abbia quella maledetta sindrome dell’impostore a sentirsi meno solo, se dovesse essere utile a far capire come si possa fare molto eppure avere sempre l’impressione di non essere abbastanza, come si possa essere coscienti del proprio valore e al contempo convinti che sia una fandonia o di non essere visti, allora forse servirà a qualcosa.
Forse.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Consenso ai cookie GDPR con Real Cookie Banner