Abituarsi
Ci si abitua a tutto, si ripete sempre. L’essere umano è così, in grado di prendere mazzate nei denti e poi in qualche modo abituarcisi. Sopravvivenza. Resilienza. Chiamatela come vi pare.
Ed è vero, eh?
È vero che per sopravvivere ci adattiamo, probabilmente più di qualunque parassita o pianta infestante esistente (o probabilmente no, ma ammettiamo che fa figo scriverlo).
Si resiste.
Per secoli ci si è abituati a tutto pur di sopravvivere, come singoli e come popolazioni. A volte ha funzionato bene, altre no. Altre è diventata una condanna.
Perché abituarsi ha una faccia pericolosa sempre dietro l’angolo: rassegnarsi.
Non solo sopravvivere, ma convincersi che non c’è e non ci sarà più alternativa.
Non solo sopravvivere al tunnel, ma arredarlo, per usare un’immagine straabusata.
Ed è successo, eh? Non è solo un rischio. L’abbiamo fatto ogni volta che abbiamo dovuto rinunciare a qualcosa in nome di qualcos’altro che al momento era (legittimamente? A volte sì, altre meno) più importante.
L’esempio più lampante? L’11 settembre, ovviamente (e proseguiamo di luoghi comuni in questo post). Il cambiamento nella sicurezza aerea e nei luoghi a rischio.
Ma se ci pensate i liquidi si potevano ancora portare. Poi c’è stato un attentato che ha previsto quelli ed ecco niente più liquidi. E ora ci sembra normale. Anzi, ci stupiamo che ancora la gente provi a portarli a bordo.
E ora siamo qui.
A rinunciare (necessariamente, ribadiamolo che non si sa mai) in nome di un bene maggiore.
Con mail di siti che ti pubblicizzano le loro mascherine: con filtro rimovibile e personalizzabili.
Personalizzabili.
Esiste una rappresentazione attuale migliore di quell’arredare il tunnel di cui sopra?
“Eh, ma dato che ci siamo dentro tanto vale cercare di viverlo al meglio possibile”.
Vero. Verissimo. Anzi, volendo anche auspicabile.
E non critico neanche le aziende che si adattano, sempre che lo facciano in modo onesto. Anzi, io stesso ho comprato mascherine fatte da Carrera perché mi sembravano una soluzione migliore rispetto a molte schifezze comprate in farmacia.
Però a me la pubblicità di mascherine come fossero gadget mette a disagio. E voglio che mi metta a disagio. Voglio che non sia normale. Voglio che non sia lo standard. Voglio che sia l’eccezione, non mi importa quanto lunga.
E lo so, so benissimo che è più facile adattarsi. E so che rassegnarsi aiuta a sopravvivere. E so anche che una cosa non implica l’altra, che adattarsi non significa rassegnarsi: ma il rischio c’è.
Ma sopravvivere non mi basta. Non mi è mai bastato, figuriamoci ora.
Per cui sì, mi adatto.
Sì, faccio ciò che devo.
Sì, cerco di tirare fuori il meglio.
Ma mi rifiuto di rassegnarmi che questo diventi la nuova normalità.
Probabilmente ci starò male e andrò a sbattere contro un muro e magari finirò pure per spezzarmi.
Ne sono conscio.
Ma io, stavolta, l’acqua in aereo voglio ricominciare a portarla. Non voglio chiedermi se riaccadrà, ma solo quando.