Fuori

(c) Ian Art Photography

Sabato sono uscito. No, non in violazione ad alcuna regola, ma semplicemente per andare in farmacia e fare la spesa.

Sebbene, infatti, sia uno dei pochi che almeno fino a sabato prossimo è riuscito a coprire il più con la spesa on line c’erano alcune cose che mi servivano e, soprattutto, volevo sperimentare sulla mia pelle la situazione lì fuori, che rischiava per diventare per me un ostacolo emotivo e mentale maggiore di quanto già non sia necessario.

In farmacia ho comprato delle mascherine. Le stesse che sta distribuendo la protezione civile e che molto probabilmente non servono a nulla. Le ho prese nonostante sappia e sia convinto che non servano a proteggere e che il continuo messaggio di usare le mascherine sia fuorviante, ma è anche vero che in vari posti iniziano a chiederle solo per entrare e che, mi sono reso conto, è comunque una forma di rispetto per chi al supermercato lavora ed è al contatto col pubblico.

Non per proteggere me, quindi, ma per rispettare e proteggere loro.

Com’è stato e come l’ho vissuto?

Partiamo col bello.

Mettere in moto la macchina, guidare per una paio di chilometri, fare gesti che sembravano tanto lontani è stato bello. Così come vedere il cielo – era azzurro quando sono uscito, caldo – non dal balcone ma dal marciapiede. Dalla strada.

Sicuramente mi serviva. Almeno questo.

Ma comunque c’è il resto.

C’è la farmacia deserta con le strisce di distanza a delimitare.

C’è la coda di oltre un’ora e mezza per entrare al supermercato.

C’è la gente che mette le mascherine male, non coprendo il naso, spostandosele sul mento, abbassandole per fumare.

C’è la sensazione, mentre fai la spesa, di rubare tempo ad altri nonostante tu quel tempo te lo sia sudato.

C’è il tornare verso casa e fermarsi a fare gasolio giusto il tempo per fare durare un po’ di più.

C’è portare la spesa in casa e chiedersi se sia sensato disinfettarla, pensare a cosa ha toccato cosa, lavarsi le mani più volte: alcuni scrupoli giusti e validi e altri che nascono esclusivamente dall’accumulo di pensieri e paura.

C’è l’aver speso ben più del previsto perché finisci per comprare cose che non avevi pensato, non tanto per accumulare ma perché ti viene voglia di coccolarti, di prendere qualcosa di diverso, di averlo in caso quando ne avrai voglia.

C’è il sedersi, finito tutto, ringraziando di aver preso un po’ d’aria, maledicendo che in buona parte sia passata dalla mascherina e sentendoti combattuto: perché la spesa, così, è una tortura.

Ma la luce, quella continua a chiamarti.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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