Piccole Cose?

Oggi è il 19 marzo. Chi mi conosce sa quanto simbolica per me sia questa data. Prima ancora che mia madre morisse per anni avevamo sempre comprato le zeppole per festeggiare la festa del papà. Sempre al forno (lo so, per qualcuno sono inaccettabili, per noi no), sempre alla stessa pasticceria vicino casa.

Quando mia madre morì io portai avanti la tradizione. Mio padre viveva a 60km da me, ma ogni 19 marzo andavo alla Pasticceria Gorla, compravo le zeppole, andavo in macchina da lui (che fosse settimana o week-end) e lui si fingeva sorpreso.

Quando morì nel 2008 continuai. Il 19 marzo compravo due zeppole e le mangiavo.

Oggi no. Per la prima volta in 24 anni non mi è permesso e non so esprimere quanto mi faccia star male questa cosa. Eppure è una piccola cosa rispetto a tutto il resto, no?

Ecco. “Una piccola cosa”. L’ho sentito dire un sacco di volte in queste ultime due settimane. “Sai, questa situazione mi spiace tanto, ma so che è una piccola cosa rispetto al resto”. “Sai, mi manca il cinema, ma so che è una piccola cosa”. “Mi manca andare dalla parrucchiera/in palestra/a mangiare una pizza, ma so che è una piccola cosa”.

Perché siamo a questo. A dover mettere le mani avanti perché sta succedendo qualcosa di enorme e le piccole cose non dovrebbero interessarci. Perché vediamo le persone morire, vediamo il dramma generale e allora ci sentiamo in dovere di mettere tutto in prospettiva. E sbagliamo.

Noi non siamo le “cose enormi” che ci stanno accadendo. Non siamo le migliaia di morti. Non siamo l’emergenza. Noi, individui, non siamo quello. Quella è una minaccia per tutti a cui stiamo reagendo, un qualcosa di impensabile che ci mette tutti in pericolo. E per farlo stiamo rinunciando a molto. Moltissimo. Qualcuno sta in questo momento scegliendo quale morte è preferibile, se di virus o di fame.

Ma noi non siamo quello. Non è quello a definirci.

Noi siamo le nostre piccole cose. Siamo le nostre abitudini. Siamo le nostre mancanze. Siamo le nostre tradizioni. Siamo ogni sfaccettatura che ci rende persone invece di numeri.

Il virus, la tragedia, l’allarme ci sta trasformando in numeri. Fateci caso: ci fa effetto vedere i mezzi militari che portano via i corpi da Bergamo, ma nel momento in cui un morto, uno soltanto, ha un volto conosciuto o anche solo in qualche modo meno astratto allora ne siamo devastati. Diventa reale. Perché quei numeri tornano a essere persone.

Noi non siamo numeri. Non lo siamo. E le nostre piccole cose sono ciò che ci rendono persone. Per questo non è sbagliato aggraparcisi. Anzi, è da fare. Con senno, ovviamente. Nel rispetto delle regole. Ma dobbiamo tenerci più strette possibile quelle che riusciamo a mantenere. Sono loro che ci fanno ricordare chi siamo. Non le scelte che stiamo facendo per un bene più grande. Quelle sono dovute e necessarie. Ma le piccole cose ci salvano. Ed è giusto sentirne la mancanza quando non ci sono. È giusto piangerle. Non è da bambini capricciosi o da persone che non comprendono cosa accade, anzi: è da persone che proprio perché comprendono cosa sta accadendo non vogliono perdere la propria identità. Ciò che li definisce.

Io sono spaventato. Lo scrivo, qui, perché a volte sembra che ce ne scordiamo.

Ho paura.

Ho. Paura.

Leggo di persone che si ammalano. Che muoiono. E mi chiedo in cosa sono diverso se non nel culo di non esserci (ancora) caduto dentro. E ho paura, perché vivo da solo e perché se dovesse accadermi qualcosa morirei da solo. Sta succedendo a chi ha i propri cari vicini, figuriamoci a me. E sono terrorizzato da ciò che capirebbe alle mie belve se succedesse qualcosa a me. Ci sto convivendo con questa paura. Ho il magone mentre scrivo.

Per cui sì, proprio perché so quanto stiamo rischiando, proprio perché basta un nulla perché tutto finisca, io mi arrogo il diritto di aggrapparmi alle piccole cose. Di sentirne la mancanza. Di alimentarle. Di desiderarle. di metterle in pratica se posso.

Perché se questa quarantena aiuterà molti di noi a sopravvivere, il mantenere le piccole cose ci aiuterà a restare vivi.

E no, non è la stessa cosa.

Proprio per niente.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Consenso ai cookie GDPR con Real Cookie Banner