The Handmaid’s Tale: 3×12 Sacrifice

Sacrificio. Il titolo del penultimo episodio di stagione di The Handmaid’s Tale va letto nel suo doppio significato, per trovare una chiave di lettura della stagione.

Da un lato abbiamo un doppio sacrificio personale, quello di Serena che, come avevamo giustamente dedotto la scorsa settimana, ha tradito Fred e si è consegnata in mani canadesi pur di avere la possibilità di vedere Nichole, dall’altro è il discutibile sacrificio di un innocente in nome di un piano più grande, ma di questo parleremo più avanti.

Il diritto di visita, a quanto pare, è il premio per il voltafaccia nei confronti di Gilead e dell’inetto marito: tanto inetto da non rendersi conto di essere stato giocato fino al confronto diretto con Serena che, come già avvenuto nella seconda stagione dopo la fuga di June, fa cadere definitivamente le maschere e proferire verità e veleno da entrambi i lati.

È affascinante come l’accusa diretta di Fred verso Serena sia che tutto graviterebbe intorno a lei, accusandola di essere sostanzialmente un’egoista opportunista: sebbene sia la verità è il pulpito da cui proviene a far sorridere, dato che la stessa accusa – moltiplicata di un buon numero di volte – è ribaltabile sull’inutile Comandante.

Serena, comunque, non esce certo intatta. La sua morbosità nei confronti di Nichole è, come dice Fred e come già più volte urlato da June, non segno d’amore nei confronti della bambina, ma dimostrazione di egoismo e possessività che mal si conciliano con la reale situazione. Il semplice fatto di essere redarguita quando si autodefinisce mamma ne è una dimostrazione lampante.

Il confronto migliore, però, è quello che avviene all’incontro con Moira. La donna, lo sappiamo, non è certo famosa per la sua diplomazia e incontrare Serena apre – legittimamente – la diga dell’odio, permettendole di riversarle addosso un centesimo delle parole che la donna meriterebbe.

Puoi anche esserti cambiata d’abito, ma sei sempre la donna che teneva giù la mia amica mentre il marito la stuprava.

Molto meno soddisfacente è il confronto tra Luke e Fred. Sembra che il sopravvalutarsi sia un difetto di famiglia: per quanto inetto sia il Comandante, si tratta comunque di un uomo politico ben conscio di quali corde toccare nel suo avversario. Luke è un uomo comune che si trova in una situazione fuori dal comune. Il confronto è impietoso e quel solo pugno in faccia a Waterford non è catartico quanto vorremmo.

[pullquote]June non è tornata, non è rinsavita, non è guarita[/pullquote]

È giunto il momento di rivolgerci in direzione dell’elefante nella stanza. Alcune deduzioni e considerazioni fatte nelle settimane passate si sono rivelate sbagliate. Avevamo fatto un parallelismo tra la caduta e risalita di June nelle stagioni passate e quella attuale, soprattutto chiedendoci come fosse giustificabile il suo ritorno a una quasi totale sanità mentale dopo il percorso fatto.

La risposta è che non lo è e che quel ritorno non c’è mai stato. June non è tornata, non è rinsavita, non è guarita. È danneggiata, forse in modo irreversibile, e le sue azioni in questo episodio non solo ne sanciscono definitivamente la mutazione morale, ma mettono in piedi una motivazione più che sufficiente per creare un nuovo, temibile nemico.

Per valutare la moralità e positività di una persona o, in questo caso, di un personaggio, si valuti sempre come questo si comporta nei confronti di qualcuno di indifeso e alla sua mercé. Eleanor è un esempio perfetto: June, da che ha iniziato a interagirci, l’ha tenuta buona quando le ha fatto comodo e l’ha sfruttata biecamente negli altri casi, mascherando costantemente le sue azioni per una gentilezza ormai inesistente.

L’uscita fuori dalla scuola solo per vedere Hannah è emblematica, ma l’abbiamo già approfondita in passato. Qui, mentre i piani procedono, June vede la donna non più come un mezzo utile, bensì come un ostacolo. La mente della donna è labile, non filtra i pensieri e questo porta l’Ancella a considerarla pericolosa. Il primo, gravissimo, momento avviene nell’atrio. Quella violenza, quella rabbia, sono il volto della nuova, vera June, tolte le maschere. Violenza verso un innocente in nome di un piano più grande e importante. Ricorda nulla?

Il vero punto di non ritorno, però, è il momento Breaking Bad, quello in cui Ofjoseph lascia morire Eleanor. Si potrebbe obiettare che la donna ha deciso di togliersi la vita e che June ha agito per rispettarne la volontà, ma sarebbe un mentirsi spudoratamente.

June non agisce per altruismo, bensì perché ritiene (probabilmente a torto, ma ci torneremo) che quella morte le tolga un problema dai piedi. Non lo fa con odio, sia chiaro, ma lo fa con qualcosa di peggiore: freddezza, menefreghismo, spregiudicatezza.

Quel momento definisce definitivamente June e non possiamo più neanche usare il concetto di follia, perché sarebbe insultante verso le vere malattie mentali. La donna è marcia, Gilead l’ha resa paragonabile ai suoi carcerieri e questo è il nuovo ruolo del personaggio.

Si tratta di una scelta narrativa pericolosa che giustifica solo in parte il lungo girotondo della stagione: si voleva corrompere la protagonista per dare una nuova chiave e tutto ha congiurato in questa direzione, ma non solo è stato fatto in modo approssimativo, ma si rischia anche una reazione contraria degli spettatori o, cosa altrettanto potenzialmente grave, che passi il messaggio che se ti ritieni nel giusto allora tutto è lecito.

Ripetiamolo: che differenza oggettiva c’è ora tra June e chi le ha fatto ciò che le ha fatto? L’unica che in questo momento si può vedere è che lei è il risultato delle azioni degli altri, ma se ci va di mezzo un innocente, allora la spinta della vendetta non funziona più.

Senza contare che l’inesistente lungimiranza della donna è di nuovo confermata. Lawrence ha capito, è evidente dalle scene finali. Questo significa che June potrebbe aver creato un nemico che potrebbe tornare a essere potente e, non avendo più nulla da perdere, essere pronto a tutto per fargliela pagare.

Ennesima morte (stavolta molto più diretta) di una persona innocente a causa sua e, al contempo, un possibile evitabilissimo nemico all’orizzonte. Una vera stratega, non c’è che dire.

Un ultimo appunto. L’utilizzo del piano ravvicinato sullo sguardo di June sta scivolando nel macchiettistico. Sebbene in questo caso sia chiara l’intenzione di mostrarne il passaggio al lato oscuro, con tanto di alette in tinta, il suo uso eccessivo l’ha trasformato da un potente strumento di chiusura a una sorta di rito priva della sua pregnanza iniziale.

Il finale di stagione lascerà per forza di cose molti spunti aperti. Vedremo se Lawrence vorrà subito reagire in qualche modo nei confronti di June, vedremo se il piano di liberazione avrà successo e, in Canada, cercheremo di capire se qualcos’altro si muove.

Di sicuro, visto anche l’annuncio del rinnovo, arriverà un cliffhanger che, dopo il tanto tempo perso in questa stagione, risulterà parecchio frustrante.

Staremo a vedere.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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