Doom Patrol: 1×01 Pilot
Quando fu annunciato il nuovo servizio di streaming di DC, il dubbio principale di molti, redazione di SerialFreaks inclusa, fu relativo a due fattori: la qualità e il livello di saturazione del genere. Dopo anni in cui l’accostamento tra la casa editrice e la tv è stato quasi esclusivamente sinonimo di CW (se escludiamo Gotham e la terribile Powerless) era infatti difficile immaginare quale taglio sarebbe stato dato ai prodotti col nuovo marchio e cosa, soprattutto, avrebbe potuto renderli differenti.
Titans, primogenita di questa nuova generazione, ha definito da subito il terreno, chiarendo come questo ennesimo universo cinefumettistico sia studiato per un pubblico ben più esigente e maturo delle controparti CW. Proprio in un episodio di Titans si è preparato il terreno per la sua sorella minore, Doom Patrol, che fa ora il suo debutto autonomo e che presto arriverà in Italia su Netflix.
L’episodio omonimo in Titans aveva funto quasi da pilota della serie, proponendo una versione ridotta delle origini e cercando di incuriosire il più possibile lo spettatore: l’utilizzo di Beast Boy come membro originale del gruppo fu semplicemente la leva narrativa necessaria a presentare gli altri personaggi che, con qualche integrazione, incontriamo nuovamente nel vero Pilot (di nome e di fatto).
Il passaggio, pur se già previsto, da ospiti a protagonisti ha reso necessarie alcune correzioni di rotta narrative e nel cast. La più evidente riguarda indubbiamente il recast del leader del gruppo, Niles Caulder, il cui ruolo è stato assunto da Timothy Dalton in sostituzione di Bruno Bichir: sebbene non sia dato sapere se tale mossa – così come altre sostituzioni – fosse già stata prevista, il primo effetto è quello di mostrare un Chief molto meno inquietante e più paterno rispetto a quello visto in Titans. Se lì, infatti, si aveva quasi l’impressione di avere a che fare con un villain, in Doom Patrol il suo ruolo di autoproclamatosi protettore dei reietti ospitati nella Doom Manor risalta con forza.
Dalton, comunque, non è l’unico nome di rilievo: Robot Man ha la voce di Brendon Frasier, che compare anche fisicamente nei flashback che lo riguardano, mentre il villain è un Alan Tudyk in piena forma, a cui viene finalmente dato un ruolo in grado di esaltarlo, dopo l’orrore di Powerless.
L’episodio è, in estrema sintesi, una origin story basata su flashback che, mentre si pongono le basi per l’inizio delle vicende nel presente, esplorano i momenti salienti delle vite dei membri della Patrol già incontrati in Titans: Elasti-Woman, Robot Man e l’Uomo Negativo.
Ottima la scelta di non legare questo inizio a quanto visto nella serie sorella: non c’è bisogno di averla vista né di sapere nulla dei personaggi per potersi godere questo nuovo inizio. Gli stessi toni sono molto diversi e, sebbene non manchi la drammaticità, questa fa il paio con una buona dose di ironia a cui, ovviamente, contribuiscono fortemente sia Tudyk che Frasier, ma che non manca nel resto dei personaggi e che finisce per diventare quasi dissacrante: non siamo ai livelli di Deadpool, per capirci, ma quando un momento saliente è affidato alla flatulenza di un asino (e funziona), allora il mercenario sboccato non è da considerarsi un paragone così estremo.
Molto interessante e ben ritmato, per restare su situazioni meno particolari, è il rapporto tra Robot Man e Crazy Jane, giovane caratterizzata da decine di personalità dotate di un potere diverso l’una dall’altra: speriamo fortemente che venga sviluppato a dovere e che, nel proseguo, si esplorino adeguatamente le sfaccettature del personaggio interpretato da Diane Guerrero.
La volontà di distinguersi è evidente in varie scelte: dalla voce narrante dello stesso Tudyk, in uno sfondamento parziale della quarta parete, alle scelte registiche ricercate e atipiche per una serie del genere; non si parla di innovazioni ai livelli di Legion, ma comunque di un modo diverso e più fresco di approcciare il genere.
Essendo, come detto, un vero e proprio prologo, l’azione – pur non assente – non è sicuramente l’elemento cardine dell’episodio: come in Titans, anche qui abbiamo uno sviluppo tarato più per una visione consecutiva che settimanale, cosa che favorirà sicuramente chi ne usufruirà su Netflix. Uno sviluppo del genere fa sì anche che gli sguardi al passato di Crazy Jane e Chief ma, soprattutto, l’introduzione dell’ultimo protagonista (quel Cyborg già visto con un altro interprete in Justice League) possano attendere, evitando così di dire e mostrare troppo in troppo poco tempo.
Nell’insieme l’episodio è divertente e avvincente, cattura velocemente l’attenzione dello spettatore e lo fa incuriosire sulle evoluzioni future: i personaggi, veri e proprio emarginati, sono affascinanti nella loro imperfezione e instabilità e promettono un potenziale narrativo da non sottovalutare. Come detto, regia, cast e scrittura consegnano allo spettatore un episodio di elevata qualità, in grado di dire qualcosa di nuovo in un genere e un universo narrativo che sembrava stentare.
Anche il comparto degli effetti speciali fa un buon lavoro: lo stesso Robot Man, il personaggio più oggettivamente a rischio di risultare ridicolo, finisce per funzionare bene e per non stonare in mezzo al resto dei personaggi.
Sebbene, ovviamente, sia comunque presto per dire se la storia sarà convincente almeno quanto lo è stato Titans, possiamo tranquillamente affermare di trovarci davanti a un prodotto di livello paragonabile se non superiore, che non dovrebbe far fatica a ricavarsi uno spazio proprio nelle fila delle tante (troppe?) serie supereroistiche e DC in particolare. Per continuare il confronto: Titans ebbe bisogno di alcuni episodi per trovare il giusto ritmo, mentre Doom Patrol può dire di esserci già riuscita e deve solo(?) continuare su questa strada.