Counterpart: 2×10: Better Angels

Il compito di Better Angels non era semplice: dopo l’annuncio della cancellazione della serie, l’episodio doveva portare a degna conclusione non solo le vicende centrali della stagione, ma anche essere adeguatamente soddisfacente come traguardo dell’intera Counterpart, un risultato spesso mancato da numerose serie vittime dello stesso destino in passato.

Cominciamo quindi dicendo che questo finale di stagione e di serie riesce per buona parte nell’intento e non lascia lo spettatore (del tutto) insoddisfatto: le aperture e i margini di sviluppo per un seguito sarebbero presenti in abbondanza, ma se anche la serie non venisse salvata da altre emittenti avrebbe comunque raggiunto una conclusione soddisfacente.

Come già avvenuto nella prima stagione, dopo analisi, approfondimenti e rivelazioni, Better Angels preme l’acceleratore sul fronte dell’azione, mettendo in gioco tutti i fronti in una letterale corsa contro il tempo. Nonostante la minaccia incombente, però, gli autori non perdono di vista le vicende personali ancora da definire, mettendo in scena un confronto tra Howard ed Emily perfetto sotto ogni punto di vista.

In quella che è la prima (e ultima) interazione sullo schermo di queste versioni dei personaggi siamo in grado di percepire l’enormità del cambiamento di entrambi, l’evoluzione di Emily verso una se stessa migliore e quella di Howard verso una sorta di ibrido tra ciò che era e ciò che, invece, è sempre stato il suo Prime. Il parlare a cuore aperto, il mostrarsi per ciò che sono li mette a nudo come mai prima, ma Howard non è la sua controparte e per quanta rabbia e amarezza possa provare per Emily, il suo amore è più forte. Lo è sempre stato.

La morte della donna, così inevitabile nonostante fosse lecito sperare altrimenti, è il momento di definizione di ciò che sarà dei personaggi. Da una parte Howard, incapace nonostante tutto di uccidere la sua controparte (che – lo dice lui stesso – non avrebbe avuto le stesse remore) e pertanto pronto a riabbracciare la sua natura, dall’altra Prime, ritrasformatosi nel killer gelido che è sempre stato eppure segnato fortemente dalla notizia della morte di Emily.

– Mi hanno sparato
– Ma non mi dire
– E imprigionato, interrogato, isolato, privato del sonno, affamato, picchiato. Com’è stato il tuo mese?

È la prima volta nell’intera serie che Prime mostra i suoi sentimenti e che lo vediamo sinceramente addolorato per un evento di cui è stato oggettivamente concausa. Non dovrebbe essere più necessario, ma teniamo comunque a ribadire l’incredibile bravura di J.K. Simmons nella scena e nell’intero episodio: la sua capacità di mostrare un personaggio identico eppure così diverso, anche nella gestione del dolore, è qualcosa che fa urlare – tra i tanti motivi – vendetta per la chiusura della serie. Lo si guardi nella gestualità e si avrà l’impressione di due uomini agli antipodi, con un Howard Alpha che appare più fragile e anziano rispetto a Prime.

La conclusione oggettivamente più leggera è quella che arriva per Clare e Peter. La collaborazione con Naya si è rivelata la scelta migliore che potessero fare e il passaggio di Clare sotto la sua diretta supervisione apre la strada a quella che avrebbe potuta essere un’intrigante evoluzione nella terza stagione. Peter, come detto più volte, è cresciuto esponenzialmente da metà stagione in poi, nel momento in cui è uscito dall’ombra di ciò che pensava di dover essere per entrare nella luce di ciò che vuole essere. 

Vedendo i due alla fine dell’episodio si percepisce una nuova forza della coppia, che si è riscoperta nel momento in cui ha toccato il fondo e si è ricostruita da quel punto: non è azzardato affermare che Clare e Peter si sono innamorati realmente solo dopo essere crollati, quando le loro vere nature sono state libere di uscire; la stessa decisione di Quayle di non ascoltare la rivelazione di Clare dopo la pulce messagli nell’orecchio da Spencer è dimostrazione di una volontà di non essere più manipolato da chicchessia, a rottura completa col suo passato.

La fine di Mira arriva al momento giusto, con quel gusto di vendetta che un personaggio del genere merita, eppure rimane agrodolce: se, infatti, gioiamo per la definitiva rivalsa dell’unica Emily rimasta e per il simbolico modo di metterla in atto, è innegabile che la consapevolezza del male fatto dalla donna esclusivamente per vendetta non è facilmente risarcibile. Le manipolazioni della terrorista sono arrivate al punto da infettare la controparte del padre (e quindi vendicare la morte del suo legittimo genitore) per poi mandarlo a fungere da agente contaminante a partire dalla stessa famiglia: Mira Alpha, i suoi nipoti e chiunque sia in contatto con loro.

Ho pensato ti sarebbe piaciuto il trucco. A parte che mi sono assicurata che la dose fosse letale.

Non solo, quindi, la manipolazione di innocenti trasformati in fanatici, non solo l’uccisione di persone solo per acquisire nuovi agenti, non solo la devastante idea di diffondere un’arma biologica letale prima di chiudere il passaggio, ma anche la freddezza di condannare innocenti in qualche modo a lei legati solo per portare avanti il suo piano. Inutile dire che in tutto questo la figura di Yanek si conferma la più irritante dell’intera serie: sulle sue spalle gravano letteralmente tutte le colpe delle tragedie avvenute nei rapporti tra i due mondi e la sua stupidità l’ha portato ad agire esattamente come Mira aveva previsto e suggerito.

Al contrario di Ian, che pur manipolato e sicuramente con poco spazio in questa stagione, si è dimostrato sufficientemente lucido da porre le basi per la vendetta di Emily Prime.

Gli spiragli aperti, dicevamo, lasciavano spazio per una terza stagione con ampi margini di approfondimento, tra la minaccia dell’influenza e le nuove dinamiche nell’Ufficio di Scambio, ma il finale ci concede comunque una buona dose di soddisfazione, con Howard apparentemente ritiratosi, Clare e Peter nei nuovi ruoli assegnati loro, Naya sempre più importante e Prime e Baldwin tornati nel loro mondo.

Loro è lo sguardo finale sulle porte che si chiudono e non poteva che essere così: i due personaggi senza legami, senza luogo veramente proprio, che hanno fallito nel tentativo di ricostruire se stessi nel mondo oltre lo specchio. Chissà, magari una terza stagione avrebbe potuto mostrarceli maggiormente in azioni combinate, donando più spazio al personaggio di Sara Serraiocco, troppo assente quest’anno.

Counterpart si chiude – a meno di un salvataggio in cui ancora speriamo – qui. Dà una certa amarezza vedere cancellare una serie che ha sempre mantenuto uno standard qualitativo così elevato e in cui ogni comparto (regia, cast, scrittura, fotografia) si è sempre mantenuto a livelli molto più alti della media. Counterpart è stata – ed è potenzialmente tuttora – una serie che in mano a un network adeguato avrebbe potuto diventare un prodotto di culto e che, invece, finirà probabilmente nello stesso cassetto in cui si trovano prodotti come Firefly.

A differenza della compiante serie di Whedon, però, Counterpart ha avuto un percorso completo e ci sentiamo di consigliarne la visione a prescindere dalla chiusura: non si rimarrà delusi.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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