Supernatural: 14×06 Optimism – 14×07 Unhumane Nature
Quando si fanno recensioni doppie, ovvero di due episodi alla volta, può capitare che le puntate di cui si va a parlare siano poco legate, con scarsi elementi in comune che permettano di fornire un adeguato filo conduttore. Altre volte, come in questi due episodi di Supernatural, si è molto più fortunati e ci si trova con una sequenza in cui un episodio fa in qualche modo da introduzione e complemento a quello che lo segue.
Optimism e Unhuman Nature hanno questo tipo di incastro e, pur con trame e toni molto diversi, il settimo episodio di questa stagione non avrebbe avuto la stessa forza se non fosse venuto dietro il più leggero predecessore.
Se, infatti, Optimism era stato presentato nei trailer soprattutto come episodio molto incentrato sulla Charlie alternativa, lo screentime finisce per essere equamente diviso tra la sua avventura – molto sedentaria – con Sam e la parallela caccia con protagonisti Dean e Jack; è esattamente questa seconda a fungere da legame con l’episodio successivo, mostrando con leggerezza e una buona dose di ironia lo stato del rapporto tra il Winchester più anziano e il Nephilim, a delineare un misto tra una relazione padre/figlio e una tra fratello maggiore e minore.
Dopo il violento astio provato da Dean nei confronti del ragazzo nei primi giorni del suo arrivo, l’evoluzione avvenuta tra i due è la naturale crescita di un seme che già era stato piantato nello stesso periodo, quando il neonato figlio di Lucifer prendeva Dean come esempio da emulare e da cui cercare un riconoscimento.
Partendo da queste premesse si può comprendere come l’impatto emotivo dell’aggravarsi della malattia di Jack sia un duro colpo per Dean in primis e, a seguire, ovviamente per Sam e Castiel che, pur sempre legato al ragazzo, appare sempre più defilato nel suo ruolo di mentore ufficiale. I momenti di vita normale tra Jack e Dean sono sicuramente i più teneri e ben sviluppati dell’episodio, arricchiti da piccole parole di saggezza che non ci si aspetterebbero certo da qualcuno di poco più di un anno di età oggettiva e con un numero così esiguo di contatti con la vita di tutti i giorni.
Penso che la questione sia… se non dovessi farcela, le cose che mi mancherebbero non sarebbero Tahiti o il Taj Mahal. Mi mancherebbe più tempo con te. Sto capendo che la vita non è composta da grandi, incredibili istanti. È il tempo insieme a contare. Come questo.
Non ben chiari, nel frattempo, sono i due momenti in soggettiva che mostrano una strana reazione fisica di Dean. C’è chi ha ipotizzato che il loro uso sia esclusivamente funzionale al mostrare l’impatto degli avvenimenti sull’uomo, ma il parere personale di chi scrive è che la spiegazione sia altrove: ricordiamo che ancora non si sa come e perché Michael abbia abbandonato Dean e che i momenti avvengono in fasi di estrema crisi legate a un Nephilim. Può non significare nulla, ma un po’ di dubbi che invece abbia una certa importanza non possono non venire.
Su fronti diversi diminuiscono invece i dubbi sull’utilità di Nick. Il suo percorso, molto veloce dopo alcuni episodi di assenza, lo porta non solo a scoprire la verità su quanto accaduto alla famiglia, ma a rendersi conto di essere per natura un serial killer. Che lo fosse anche prima di essere posseduto o lo sia diventato solo per le tracce residue lasciate da Lucifer poco conta: importanti sono la sequenza di morti lasciata alle sue spalle e il suo essere in grado, grazie a un’inquietante preghiera, di riportare in vita l’Arcangelo Caduto.
Onestamente non siamo entusiasti all’idea di un’altra stagione con Lucifer come villain (ricordiamo le dichiarazione che Michael non sarebbe stato il nemico principale), ma vogliamo dare fiducia agli showrunner, che sembrano finora aver calibrato la stagione molto meglio in tempi e sviluppi rispetto alla precedente. Chi scrive, poi, spera sempre nel ritorno dei fratelli divini a sculacciare chi ha combinato tanti problemi in loro assenza.
Nell’insieme l’episodio è carico di eventi, ma nessuno di questi finisce per essere sacrificato o gestito male, segno che quando il numero di personaggi è giusto e questi hanno uno scopo, la trama ne guadagna esponenzialmente.
Tornado momentaneamente a parlare di Optimism, l’episodio funge anche da momento chiarificatore su quanto questa Charlie sia diversa dalla nostra. Il personaggio di Felicia Day era, nel nostro mondo, una nerd che aveva finito per abbracciare con entusiasmo la Caccia e l’avventura da essa portata, mentre questa sua controparte aveva in realtà tutto – inclusa la donna della sua vita – e aveva perso altrettanto dopo l’invasione angelica. La durezza e l’amarezza di questo personaggio sono giustificate dal dolore provato e la rendono solo esteticamente simile a chi conoscevamo, una lezione che Sam ha imparato, pur trovando nuovi punti di contatto con lei.
Difficile dire quanto Charlie sia destinata ad apparire ancora in futuro, ma quanto meno ha subito un trattamento interessante.
Concludendo, mentre ci avviciniamo al mid-season finale, possiamo già notare come questa stagione sembri voler far proseguire in modo più organico le varie trame in essere, alternando comunque episodi strettamente verticali ad altri più a lungo termine, ma cercando al contempo di non lasciare troppo in sospeso a lungo. L’impressione, poi, è che le varie trame apparentemente separate stiano pian piano convergendo verso un punto comune che ancora dovrà essere rivelato.