La vita che si ama
Ti capitano periodi in cui fai fatica a leggere e la libreria che contiene la tua coda di lettura sembra non avere nulla che chiami il tuo nome. Hai voglia di qualcosa che ti sfiori corde precise, ma neanche tu sai quali, qualcosa che parli a te e che non solo ti racconti una storia.
Così ti capita sott’occhio questo libro, comprato non sai neanche più quando. Il buon professor Vecchioni, con le sue canzoni, ti parla sempre e quei due suoi libri che hai già letto ti hanno ben accompagnato, così sì, decidi di dargli una possibilità.
Storie di felicità dice il sottotitolo e tu sai quanto la felicità sia un qualcosa che continui a cercare.
Non è un romanzo.
Non sono racconti.
Sono scorci di vita. Reale? Inventata? Abbellita? Tutto e niente, con note che a volte vogliono precisare cos’è davvero successo e altre che sembrano dirti “ma davvero ti importa?”. No, in realtà non importa davvero. Perché non conta che qualcosa si avvenuto esattamente così perché possa suonare in te. Non conta che gli eventi siano spostati avanti o indietro, fusi o divisi. Non conta.
Conta ciò che viene letto. Contano quei mille modi di vedere la felicità, anche dove sembrerebbe non esserci, soprattutto dove sembrerebbe non esserci. Contano quei flussi di pensieri che, accidenti, certe volte si fa fatica a seguire ma poi alla fine portano esattamente dove si dovrebbe essere.
Il professore di prende per mano, ti fa credere che ti guiderà, poi fa la sua strada, tu lo segui, non capisci bene cosa volesse e, arrivato alla fine, lui ti sorride e tu finalmente comprendi. E non sai se vorresti abbracciarlo o mandarcelo o tutte e due, ma sai di sicuro che quelle parole e quei momenti erano esattamente ciò che cercavi ora.
Hanno tentato in tanti d’insegnarmi, spiegarmi, fermarmi, cambiarmi, perfino di usarmi.
– Torna qui, Roberto, scendi, la vita è un’altra cosa
Ma si vede che io la vita non la conosco.
So solo lontanamente vivere
E se questo è saper lontanamente vivere, allora ben venga. Che così si può imparare a trovare sfidando il destino, fregandosene di ciò che lui vorrebbe e facendo ciò che noi vorremmo. E a riconoscerla, anche dopo, guardandoci indietro. Scoprendo che per averla raggiunta abbiamo dovuto soffrire e che quella che pensavamo fosse la nostra felicità perduta altro non era che un passaggio obbligato.
Si maschera da dolore, a volte, la felicità
Potreste amare questo libro o considerarlo un’inutile baggianata.
Nel primo caso, saremo insieme.
Nel secondo poco male: che non a tutti spetta la stessa felicità, per fortuna.