Counterpart: 1×02 Birds Of A Feather – 1×03 The Lost Art Of Diplomacy

“Fringe incontra The Americans”, avevamo detto recensendo il pilot di Counterpart e se, per molti versi, con la visione dei due episodi successivi tale descrizione sembra sempre più azzeccata, altre interessanti sfumature vanno ad aggiungersi a un quadro che sta definendosi in modo sempre più interessante e appassionante.

Il concetto dei mondi paralleli è ormai stato usato e – diciamolo – abusato in buona parte della narrativa seriale o meno e, come avevamo già detto, gestirlo a dovere non è facile: come giustificare, ad esempio, le spesso eccessive similitudini tra una realtà e un’altra? Come identificare quelle motivate e quelle forzate? La sospensione dell’incredulità è di certo importante, ma spesso basta poco per farla cadere come un castello di carte, rovinando gli sforzi anche notevoli degli autori.

Counterpart, da questo punto di vista, ha trovato una soluzione originale che fornisce la base per approfondimenti narrativi in qualche modo inediti.

Dopo che già ci era stato fatto intuire in The Crossing, abbiamo infatti conferma che le due realtà che ci vengono mostrate non sono sempre esistite, ma sono nate proprio a causa dell’incidente di trent’anni prima di cui si parlava nel primo episodio: tutto ciò che è differente si è quindi sviluppato esclusivamente negli ultimi trent’anni.

Le possibilità di questa scelta narrativa si vedono già in Birds of a Feather dove, focalizzandosi sul personaggio di Baldwin, iniziamo ad approfondire le differenze tra i due mondi ma, soprattutto, l’incidenza che situazioni e scelte personali hanno sulle vite di ognuno di noi.

Se nel nostro mondo Nadia Pierro è una violinista di successo che ha apparentemente superato i traumi dell’infanzia, in Terra-Prime (come sembra venire chiamata negli script) le ombre l’hanno sopraffatta trasformandola in un’assassina prezzolata. Cos’è cambiato? Non il passato, ormai lo sappiamo. Le scelte? E per quale motivo sono state fatte scelte diverse da quella che sostanzialmente è la stessa persona? L’ambientazione? Un insieme di questi ingredienti o altro ancora? Non viene detto e gli autori lasciano allo spettatore il compito di riempire gli spazi vuoti, con scelte stilistiche e registiche che trovano il nostro apprezzamento.

Il tema del confronto con ciò che avrebbe potuto essere (e in effetti altrove è stato) è preponderante in entrambi gli episodi e man mano che le differenze tra i due mondi emergono risulta chiaro che c’è una sorta di ostilità di base tra le due realtà, in un rapporto che ci ricorda l’invidia o l’astio che può avere un fratello minore (Terra-Prime) verso il proprio maggiore visto come avvantaggiato e più fortunato.

Non ci viene mai detto esplicitamente, ma il tutto traspare da stralci di dialoghi piazzati con arte in contesti più ampi: è grazie a questi e a sempre più ampi scorci sul secondo mondo che iniziamo a identificare le prime differenze. Sappiamo che su Terra-Prime l’attenzione all’igiene è tanto importante da essere norma di legge: si ha l’impressione che, nello sdoppiamento, il mondo gemello non sia nato come copia identica, ma si sia trovato con delle falle che ha dovuto affrontare, partendo così penalizzato e generando quella sorta di odio di cui parlavamo.

Un mondo più pulito, Terra-Prime, ma perché? Per arretratezza tecnologica, si direbbe. O forse per necessità dovuta a un maggior pericolo di epidemie, come darebbero a intendere le innumerevoli precauzioni sanitarie?

Di nuovo, non ci è (ancora?) dato saperlo, ma si tratta senza dubbio di un tassello importante sia nel comprendere le psicologie dei due mondi che nel cercare di scoprire l’intera cospirazione in atto di cui Howard-Prime è primo attore di contrasto e il nostro Howard è in apparenza soggetto passivo aspirato in qualcosa di enormemente più grande di lui.

Il focus su ciò che avrebbe potuto essere, sempre centrale in ogni storia legata agli universi paralleli, assume qui un’importanza fondamentale: gli abitanti di Terra-Prime (quelli che sono a conoscenza dello sdoppiamento, almeno) guardano apparentemente alle vite sulla Terra originale come a potenzialità meglio espresse. Si veda la già citata Baldwin, ad esempio, ma anche il dialogo tra Ian ed Emily-Prime, in cui l’uomo si lamenta di quanto il mondo originale sia velenoso per chiunque ci abbia a che fare. D’altronde chi rimarrebbe indifferente nel vedere se stesso in una vita – apparentemente o meno – più ricca, appagante o semplicemente felice?

Stranamente, sotto questo punto di vista quello che sembra trovarsi in una situazione speculare è proprio Howard: dove la versione originale è un uomo buono ma anonimo, incapace di ergersi dalla mediocrità, appagato dal rapporto con la moglie, all’oscuro (nel pilot) della più grande realtà che dovrà poi affrontare, la sua controparte è forte, spregiudicata, inserita in giochi di potere e spionaggio a livelli che difficilmente il suo originale sarebbe in grado di comprendere.

Il prezzo? La vita privata. La solitudine. La perdita di rispetto da parte di chi avrebbe dovuto amarlo.

Un uomo solo e di successo è lo specchio riflesso di un uomo grigio ma dal cuore caldo. Chi è lo sfortunato e chi il vincitore?

Quali sono, infine, i rapporti ufficiali tra i due mondi?

The Lost Art of Diplomacy ci mostra quanto le due realtà siano legate e separate da una continua necessità di scambi di informazioni, per la quale una diplomazia dura e spregiudicata diventa necessaria: eccellente, da questo punto di vista, il casting di Richard Schiff (che ricordiamo nel mai troppo elogiato The West Wing) nel ruolo di Roland Fancher, direttore dell’Ufficio di Scambio che riesce a trasmettere perfettamente l’importanza del suo personaggio in questo universo.

Immaginate, ad esempio, la possibilità di andare a scavare per recuperare una risorsa rara sapendo esattamente dove farlo perché in un mondo identico l’hanno appena trovata e applicate questa logica a praticamente ogni campo della conoscenza e delle possibilità: ci viene detto, ad esempio, che nel nostro mondo è stata trovata la cura contro l’HIV grazie alle informazioni sul genoma umano raccolte nell’universo gemello e assistiamo alla richiesta di condivisione di informazioni su scoperte geografiche o su analisi demografiche.

I due episodi approfondiscono quindi aspetti diversi e complementari di questa scissione, quelli umani e personali nel secondo e quelli più universali nel terzo, senza perdere di vista la vicenda principale che, anzi, va ad incastonarsi perfettamente nelle situazioni già descritte, arricchendosi vicendevolmente.

Sembra inutile, ma continuiamo a sottolineare la fantastica prova di J.K. Simmons, che rende meravigliosamente credibile il suo doppio ruolo: ci sono momenti in cui, senza quasi altri indizi, è possibile capire quale Howard stiamo guardando grazie esclusivamente alla postura o all’espressione del viso.

Il resto del cast riesce a reggere il confronto, con ovvi alti e bassi: oltre al già citato Schiff siamo felici di aver modo di rivedere Olivia Williams (Dollhouse) , qui nei panni delle due Emily, e stiamo gradendo l’interpretazione di Harry Loydnel ruolo di Peter Quayle, genero e sottoposto di Fancher, che si trova in una posizione forse più difficile di quanto potesse e volesse gestire. Menzione d’onore anche per l’italiana Sara Serraiocco, interprete di Baldwin e Nadia, che ben riesce a trasmettere la dicotomia tra i due personaggi tanto diversi eppure con tanto in comune.

Alla fine di The Lost Art Of Diplomacy possiamo dire che ancora tanto abbiamo da scoprire e da approfondire, che molto non è come sembra e che sapere di chi fidarsi non è mai stato tanto difficile.

Il tutto moltiplicato per due.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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