Altered Carbon: 1×01 Out Of The Past

La vita eterna. Ciò che identifica l’essenza di una persona. L’esistenza dell’anima.

Oltre a trattarsi di argomenti che toccano vari campi della filosofia e di altre scienze o teorie umane, sono – anche e soprattutto per questo motivo – cardini portanti di un certo ramo della fantascienza, che ha sempre amato speculare e sperimentare in merito: dai replicanti di Blade Runner alle personalità riprogrammate di Total Recall, dai Matusalemme dei romanzi di Robert A. Heinlein alle classiche rigenerazioni del Dottorele ipotesi su cosa ci renda umani, su cosa voglia dire vivere potenzialmente in eterno o su quanto un corpo, una mente o dei ricordi ci identifichino si sono sprecate, lasciando spesso – e per fortuna – più domande che risposte.

Nell’elenco di queste speculazioni dobbiamo da oggi inserire anche Altered Carbon, serie tv in dieci episodi prodotta da Netflix e ispirata all’omonimo romanzo del 2002 di Richard K. Morgan.

[pullquote]Il corpo comincia a essere considerato come una semplice custodia[/pullquote]

Immaginatevi un futuro, più o meno remoto, in cui molti esseri umani si vedono innestati dall’età di un anno una sorta di chip neurale in cui viene costantemente effettuato il backup della propria coscienza: identità, ricordi, emozioni. Il corpo finisce per non identificare più la persona e comincia a essere considerato – letteralmente – una custodia. Uno sleeve. Pensate alle conseguenze di una possibilità del genere: vittime di omicidio che possono tornare a testimoniare contro i propri assassini, imperi economici che possono durare centinaia di anni con a capo sempre le stesse persone, nuove religioni e nuovi conflitti religiosi e filosofici, differenze tra morti del corpo e morti definitive. 

In un futuro del genere, Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman)viene riportato in vita in una nuova custodia, 250 anni dopo la propria morte, con lo scopo di investigare l’omicidio del magnate che l’ha fatto uscire dal ghiaccio in un’apparente contraddizione (ma come? Non si era detto che gli uccisi potevano testimoniare contro i propri assassini? Sì, ma…) presto spiegata nell’episodio e di cui, volutamente, non diremo qui di più. Perché Kovacs? Perché è un Envoy (o Spedi, nel doppiaggio italiano) e le sue capacità sono estremamente rare.

Come in tutte, o quasi, le serie di produzione Netflix, il primo episodio serve a poco più che a disporre le pedine e fornire un’introduzione, a dare un assaggio di quello che verrà sperando di tenere agganciato lo spettatore e fargli desiderare di proseguire: uno scopo che, per quanto ci riguarda, è pienamente raggiunto.

I trailer e le preview avevano parlato di uno show molto debitore a Blade Runner e mentiremmo se dicessimo che molte scelte non lo ricordano, eppure Altered Carbon sembra fin dall’inizio voler seguire un percorso differente, non necessariamente inedito, ma di certo con una formulazione diversa. Gli ingredienti sono, apparentemente, quelli di una crime story: abbiamo il protagonista riluttante con un passato misterioso, un caso su cui lavorare, ostacoli inaspettati, anche una spalla vagamente comica; quello che, potenzialmente, farà la differenza sarà il modo in cui questi – e altri – elementi verranno fusi insieme: le potenzialità per avere qualcosa di soddisfacente ci sono tutte.

Dal punto di vista visivo, l’alto budget della serie è evidente e ben sfruttato, con effetti speciali impressionanti e scenari vari e ben disegnati: il consiglio che possiamo darvi è di non guardare questa serie sul cellulare, ma cercare di ammirarla su uno schermo che le renda merito.

La scrittura è gradevole, con più ironia di quanto ci saremmo aspettati e più di qualche dialogo un po’ troppo carico di cliché, ma si tratta di imperfezioni che ci sentiamo per il momento di perdonare in nome dell’interessante risultato finale.

La premiére equilibra molto bene show tell, sfruttando gli enormi investimenti per fornire un mondo credibile e impressionante, e andando a integrare ciò che non risulta immediatamente comprensibile con spiegazioni dosate e puntuali. Alla fine dell’episodio le domande sono tante, ma abbiamo alcune basi su cui potremo poi proseguire la visione con la curiosità di approfondire sia i misteri relativi al passato di Kovacs che quelli del meno interessante, per il momento, “omicidio” di Laurens Bancroft (James Purefoy).

In Altered Carbon le domande più importanti, che non è detto vedranno risposta esplicita, sono quelle che nascono dall’ambientazione e dalla base filosofica dell’intera serie. Se non volessimo scindere corpo e coscienza, una copia digitale memorizzata in un dispositivo è solo una parte dell’individuo, il cui corpo originale ha cessato di vivere.  Alla morte dell’originale, quello che viene ripristinato in un altro corpo è qualcosa di estremamente simile, ma non l’individuo di partenza, la cui coscienza può dirsi morta col primo corpo. La copia penserà di essere l’originale, si comporterà come tale, si rapporterà col mondo allo stesso modo, ma non sarà l’originale per definizione. Oppure, esplorando l’ipotesi portata avanti dalla serie, l’informazione è tutto ciò che siamo, e basta che questa esista per farci esistere?

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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