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Sono trascorsi sette giorni dall’arrivo dei tre nuovi ospiti e, incidentalmente, dall’ultimo post qui sopra. Una settimana intensa, di adattamento, di scoperta reciproca, di prendere misure che, necessariamente, non sono ancora complete.

Mi chiedevo, e qualcuno mi ha chiesto, come fosse avere tre nuovi mici per casa a così breve distanza da Stitch. Non mentirò: non è una cura. Non completa, non immediata, non possibile. Ma, onestamente, non mi aspettavo che lo fosse.

Stanotte, all’una, ero in lacrime, perché il trauma delle ultime ore di Stitch è un qualcosa che ogni tanto torna violento a farsi sentire. È una cosa che mi porterò dietro a lungo, lo so, perché unisce il dolore della mancanza, con cui si impara a convivere, con la ferita di aver assistito alla sua agonia.

Ma, pur non essendo una cura, quei tre aiutano.

Perché l’amore non è qualcosa che si esaurisce, la capacità di amare non è una riserva che cala, anzi, più la si usa e più se ne ha a disposizione e più cura te stesso mentre ti prendi cura di qualcun altro.

Amare ancora, una persona, un animale, un qualunque cosa, non è svalutare l’amore già vissuto e dato, ma è rendergli omaggio e dargli valore: se sappiamo amare in un certo modo oggi è anche grazie all’amore che abbiamo imparato fino a ieri.

L’amore, quello vero, quello vissuto per ciò che è, ha un pregio: si può continuare a donare senza riprendersi quello già dato. Anzi. si può continuare a donare proprio grazie a quello già dato.

Per cui sì, averli presi in casa mi sta aiutando. Non è una cura miracolosa, ma è un darsi reciprocamente qualcosa di speciale: una famiglia.

E in questa settimana ho iniziato a conoscere le due pesti e il timidone e a capirne parzialmente il carattere: parzialmente per forza di cose, perché ci vorranno mesi e anni per conoscerli sempre di più.

Le due sorelle sono delle pazze teppiste. Trascorrono il giorno correndo e distruggendo casa o dormendo. Dormono abbracciate o si inseguono/picchiano. Non c’è grigio. Non c’è sfumatura.

Sasha ha gli occhi gialli e la coda cortissima. È la scavezzacollo delle due. Appena arrivata è stata la prima a esplorare casa, mentre Sissi si nascondeva. Sabato era appesa alla tenda a ondeggiare come fosse Tarzan. È quella che non si pone problemi sul riuscire o meno a fare una cosa: lei ci prova, mal che vada cade. E adora la sorella, nel senso che la segue quasi ovunque e cerca di emularla. Sembra preferire il secco all’umido.

Sissi è la ruffiana. Metà del tempo va in giro per casa facendo il rumore della tortorella per attirare l’attenzione. Il primo giorno ce l’avevo addosso sul divano e alla scrivania. Non è scavezzacollo come la sorella, ma le piace comunque esplorare e arrampicarsi. Oggi l’ho beccata che si arrampicava sull’asse da stiro appoggiata al muro, ieri era sul mobile più alto della camera da letto e ancora non ho capito come ci sia arrivata.

Sheppard è il maschione timidone. Non è ancora ambientato come le altre due, anche perché lui preferirebbe un ambiente più tranquillo e loro fanno casino tutto il tempo. Gli piace starsene per i fatti suoi, ma periodicamente si fa grattinare, fa le fusa e, soprattutto, ha capito di dovermi venire a chiamare quando ha fame. Non ama mangiare con le altre due, anche perché le altre due tendono a infilarsi nella sua ciotola e a lui dà fastidio. Non è aggressivo, per niente. Quando Sasha decide (e lo ha già fatto più di una volta) che è una buona idea fargli gli agguati alla coda, lui la sposta due o tre volte, poi scocciato se ne va. È bellissimo, ricorda il primo gatto dei miei genitori, ma anche un qualcosa sia di Zen che di Stitch. Ci vuole pazienza e rispetto, con lui, ma sta facendo progressi e ne sono felice.

E in questi giorni, di momenti degni di nota, se ne sono già visti, soprattutto causati dalle due pesti.

  • Sissi che cerca di arrampicarsi sul mobile dove si mette di solito Sheppard. Solo che è alto e senza appigli, per cui scivola e cade, letteralmente, nel cestino.
  • Sasha che il giorno dopo cerca di fare lo stesso. Stesso risultato, stesso cestino.
  • Le due che, per giocare, si piazzano in piedi tipo cavallino rampante della Ferrari.
  • Primo giorno. Le pazze corrono per casa. Sheppard si sta facendo carezzare. Le guarda ed evidentemente si chiede cosa siano quei lampi neri e dove sia capitato.
  • Sasha in versione Tarzan.
  • Il grattatoio alto un metro con pallina appesa incorporata. La pallina è stata strappata dopo tre ore. Il grattatoio è già caduto tre volte. Non sono rari i momenti in cui una delle due è appesa dalle sole zampe anteriori e, periodicamente, cade.
  • La canna con uccellino rumoroso fa impazzire entrambe. Basta che ne sentano il suono da qualunque stanza per precipitarsi.
  • Sheppard che ieri mi ha toccato la coscia perché voleva gli portassi da mangiare.
  • Entrambe che hanno deciso che girare dietro i libri delle librerie fosse un’ottima idea. Ovviamente facendoli cadere. Più di una volta.
  • Ieri mattina. Sheppard passa dal corridoio alla camera. Lo vedo con la postura di quando qualcosa lo lascia sul chi vive. Mi avvicino un po’ e gli chiedo cosa succeda. Mi guarda, poi butta brevemente lo sguardo in alto. Gli richiedo cosa succeda. Di nuovo uno sguardo a me e uno verso l’alto. Seguo il suo sguardo e incrocio quello di Sissi. Sul mobile. A tre metri di altezza.

In sostanza non mi annoio. E devo ringraziare le due pesti e il timidone.

Guarigione, un passo alla volta.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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