Autoregali
Sono giorni di quasi prevedibile scazzo.
Il ritorno alla routine giornaliera non è semplice per nessuno e i punti di domanda che c’erano prima delle vacanze sono tutti più o meno inalterati: dato, quindi, che sabato sera il fastidio da serata solitaria a casa era stato notevole, unito al piacere di vicini estremamente rumorosi e a una giornata di pioggia necessaria ma di certo non all’umore, ieri ho deciso di sfruttare il sole tornato per fare un giro in uno dei miei luoghi del cuore.
Ecco, una delle novità dell’ultimo sta di sicuro nell’aver iniziato a riconoscere e fare miei luoghi che, quando ho bisogno, possono aiutarmi a staccare un po’, a riflettere, o anche solo a distrarmi: interessante (ma, di nuovo, ragionevolmente prevedibile) che siano praticamente tutti legati all’acqua.
Piazza Gae Aulenti, con le sue fontane, e la Darsena sono un esempio lampante, ma andandoci spesso finiscono per diventare meno taumaturgici, così ho dovuto scovarne altri e il lungolago di Lecco o, come ieri, il lago d’Orta sono perfetti, anche se non esattamente dietro l’angolo.
Così ho preso e sono andato a Orta, litigando un (bel) po’ per il parcheggio, ma finalmente riuscendo a godermi il posto. C’era gente, sì, ma nonostante questo è servito. Ho camminato, come mio solito, ho invidiato i padroni lì coi propri cani (riesco a pensare a poche gioie più grandi del girare in luoghi del genere col proprio cane e farlo giocare liberamente in acqua), ho avuto la tentazione di bagnarmi (ma ero solo e senza costume), ho cercato di vivere il momento.
E qui è, in qualche modo, arrivata una prima novità: mi sono davvero fermato.
Sì, perché spesso in queste incursioni quello che faccio è camminare, fermandomi giusto il tempo per mangiare e poco altro. Camminare come fosse l’unico modo per stare meglio, camminare come se, fermandomi, facessi un torto a me o a chiunque altro.
Ma camminare, per quanto bello, non è assaporare, è attraversare: è bello, assolutamente splendido ammirare e fotografare ciò che si incrocia lungo il proprio percorso e Orta, da questo punto di vista, è molto generosa; ma se non ci si sa fermare, si perde qualcosa e io sto cercando di impararlo.
È, se vogliamo, una delle lezioni e degli obiettivi che mi sto dando col nuovo anno: imparare a fermarmi; imparare a non guardare l’orologio almeno per un po’, a respirare i minuti invece di lasciarli scappare, a stare oltre che andare. O meglio, andare ma poi anche stare.
Qualche tempo fa, dopo la passeggiata, avrei raggiunto la macchina e sarei tornato a Milano.
Ieri ho raggiunto la macchina per prolungare il parcheggio, poi sono tornato in paese, ho guardato sorridendo due cani che giocavano in acqua, ho raggiunto uno splendido caffé di un albergo sul pontile e mi sono seduto a bere un caffè shakerato e, semplicemente, ammirare i riflessi del sole sull’acqua mentre l’odore del lago mi avvolgeva.
E questo, ve l’assicuro, è stato probabilmente il miglior regalo potessi farmi ieri.
Fermarmi.
Cosa celebri oggi?
Il sole. L’acqua. I riflessi.
Il saperli scegliere.
Il saperli guardare.