Dietro l’angolo
Piazza Gae Aulenti, circa le sette di sera. (Sì, finisco spesso lì, prendete atto e procediamo).
Come ho già scritto tempo fa, spesso in alcuni angoli ci sono gruppi di ragazzi piuttosto giovani (non penso siano neanche maggiorenni) che si allenano a preparare coreografie di ballo, cosa che trovo sempre molto gradevole da vedere.
Oggi, però, la situazione era un po’ diversa. In un’area c’era un gruppo di 8 ragazzi (sei ragazzi e due ragazze, per la precisione), indubbiamente più vecchi e, passatemi il termine, più “professionali”, di etnie molto diverse tra loro: non stavano preparando una coreografia, ma ognuno col suo stile e con le sue capacità stavano improvvisando sulla base della musica che si erano portati dietro, si scambiavano idee, ballavano a momenti uno con uno o con l’altra.
Sembravano usciti da un episodio di Saranno Famosi, ognuno con la propria peculiarità fisica, il proprio stile, il proprio modo di porsi: dalla ragazza che sembrava molto british a quella meno filiforme ma capace di muoversi con una grazia che rapiva, dal ragazzo non più alto di 1.60 flessibile e lanciatissimo nella breakdance più spinta ai due ragazzi di colore che mischiavano stili e generi.
E ballavano, chiacchieravano, si impegnavano, si lasciavano andare.
Guardarli era un piacere per me e per parecchie altre persone che, come me, si sono fermate a lungo ad assistere, mentre loro continuavano a seguire la musica, a inventare passi, a sorridere.
Un bambino, non avrà avuto più di tre anni, vestito tutto di verde era lì e, entusiasta, si è messo a cercare di imitarli, facendo divertire un ragazzo e una ragazza tra gli otto, che per un po’, a distanza, hanno ballato seguendolo.
E la meraviglia era vedere il loro divertimento, la spontaneità, il modo in cui i loro corpi ubbidivano ai loro istinti: io amo i balli coreografati, quelli che mostrano armonia tra i ballerini, ma qui c’era qualcosa di altrettanto magico; c’era l’istinto guidato dalla musica, c’era lo scoprire nuovi modi di esprimersi, c’era l’interazione nata sul momento, c’era la gioia dell’arricchimento che può nascere solo dallo scambio reciproco.
C’era tutta la meraviglia che solo la musica, la danza (e il canto) possono donare.
E io, in quel momento, li ho ammirati, sì, ma anche intensamente invidiati.