Un lapsus della tastiera

Terry Pratchett è un autore che migliaia di fan hanno adorato e venerato per decenni: il Mondo Disco, la sua saga comica/fantasy, è una delle più famose in assoluto e il suo nome è stato associato a innumerevoli best-seller, a progetti, a collaborazioni e amicizie (in primis quella con Neil Gaiman).

Negli ultimi anni il suo nome è stato anche accostato al Morbo di Alzheimer, malattia che gli fu diagnosticata nel 2007 e che l’ha condotto alla morte due anni fa: malattia di cui, si rese conto velocemente, non si parlava abbastanza, per la quale non c’era supporto adeguato, attenzione, cura e i cui malati e familiari finivano per trovarsi lasciati a loro stessi.
Pratchett lottò per cambiare le cose, avvalendosi della sua fama, del suo titolo di baronetto, ma anche, prosaicamente, del suo denaro e se le cose in UK e nel mondo sono almeno lievemente cambiate lo si deve anche a lui.

Personalmente avevo letto solo due libri del Mondo Disco (facendo l’errore, come lui stesso afferma, di partire dall’inizio) e “Buona Apocalisse a tutti” (Good Omens), il gioiello comico/apocalittico scritto a quattro mani con Gaiman: quando, però, l’anno scorso a Londra i miei occhi sono caduti su “A slip of the keyboard” ho deciso di acquistarlo al volo.

Inizialmente credevo si trattasse di un libro unico scritto negli ultimi anni della sua vita, ma ho poi velocemente scoperto che, invece, è una raccolta di buona parte dei suoi testi “non-fiction” scritti durante l’intera carriera fino, quello sì, agli ultimi anni; sono stato fortunato, perché questo mi ha permesso di conoscere molto meglio il Terry Pratchett uomo, di seguirlo in varie fasi della sua vita, di scoprirle l’anima profondamente laica, l’ironia, il temperamento sanguigno e, sì, di amarlo a posteriori.

Pratchett fu tante cose nella sua vita: studente non brillante, lettore accanito, giornalista, responsabile della comunicazione di una centrale nucleare e, ovviamente, scrittore. Fu uomo di mille passioni, dalla fantascienza all’astronomia, dalla tecnologia ai cappelli e fu sempre persona schietta, sanguigna, pronta e dire qualunque cosa senza preoccuparsi delle conseguenze.

In uno dei saggi che compongono il libro afferma:

“Dicono che la malattia mi abbia fatto trovare Dio. La vedo difficile, dato che non sono neanche in grado di trovare le chiavi di casa e di quelle ho la certezza empirica della loro esistenza”

O ancora, parlando del creazionismo confrontato all’evoluzione:

“Preferisco credere che ci siamo evoluti dalle scimmie, piuttosto che pensare di essere angeli caduti”.

Ecco, leggere queste pagine vuol dire farsi accompagnare nella mente di un uomo brillante e iracondo, intelligente e mentalmente fertile, onesto e testardo e scoprire, alla fine, come si possa affrontare una malattia con consapevolezza e dignità.

Pratchett fu, fino all’ultimo, attivo fautore della morte assistita per i malati terminali e uno dei pensieri più importanti espressi, col quali mi trovo d’accordo al 1000% è banale e importantissimo allo stesso tempo: sapere di poter interrompere la propria vita nel caso di una sofferenza eccessiva fa anche sì di permettere di essere maggiormente pronti a lottare perché nel caso peggiore si sa che si potrà scegliere. Essere a favore della morte assistita vuol dire donare la possibilità di scegliere sapendo, anzi, che non è affatto detto che quella possibilità venga poi tramutata in scelta.

Una lezione di intelligenza e dignità che troppi, ancora, non vogliono capire.

Si tratta di un libro molto interessante e spesso divertente e non serve essere stati fan di Sir Pratchett per apprezzarlo: anzi, per certi versi può essere meglio l’opposto, perché permette di immergersi nelle parole e nelle idee senza avere preconcetti di alcun tipo.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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