Ristampa N. 3: Ritorno
Si dice che chi scrive mette sempre qualcosa di se stesso in ciò che crea. Se in genere è vero, a volte lo è in modo molto più immediato. Come nel racconto di oggi, costruito totalmente intorno a una frase, una frase che un giorno nella mia vita fu estremamente importante in una storia che tanto ha in comune con quella del racconto. E così può capitare di raccontare qualcosa di mai successo ma condirlo con pennellate più o meno grandi di realtà.
Dove finisce uno e inizia l’altro? Non è importante, perché questo è e rimane un racconto e come tale, revisionato, torna qui, dieci anni e mezzo dopo essere nato.
E giuro che non era programmato di ripubblicarlo tre giorni prima di San Valentino.
Buona lettura.
RITORNO
Complimenti, amico mio.
Un gran bel risultato.
Dovresti davvero essere fiero di te.
Di cazzate nella tua vita hai fatto tante, veramente tante, figure di merda, ma questa realmente le batte tutte.
Ma cosa credevi?
Pensavi davvero che dopo tutto questo tempo ci saresti riuscito?
Davvero credevi che bastasse il tuo ennesimo colpo di testa, la tua ennesima follia per stravolgere anni di vite separate e cambiate?
Povero stronzo.
Sembra ieri, vero?
Sembrava una storia perfetta, nata per caso, sullo stesso molo in cui ti trovi ora.
Era il tramonto.
Lei piangeva.
Da sola.
E tu ti avvicinasti per chiederle come stesse: non era tua intenzione provarci, non quella sera, avevi troppe cose per la testa.
Ma iniziaste a parlare.
A lungo.
I minuti divennero ore, la sera divenne mattina e al momento di salutarvi la invitasti fuori per una pizza la sera successiva: lei rispose che non pensava fosse una buona idea e tu, a malincuore, decidesti di non insistere… vi scambiaste i numeri e vi salutaste.
Poi, il pomeriggio, un messaggio, il suo numero: “Senti, ma tu quanta voglia di pizza hai?”.
E un sorriso idiota sul tuo viso.
Ricordi ogni istante dei giorni successivi: parlavate, vi raccontavate, vi scoprivate… sembravate fatti l’uno per l’altra, complementari come solo due persone destinate a stare insieme possono esserlo.
L’amore fu inevitabile: inaspettato, travolgente, passionale, quello di due anime che si sono cercate a lungo pur non sapendolo.
Era tutto perfetto, o quasi.
Voi due eravate perfetti.
La vostra intesa era perfetta.
Il sesso era perfetto.
Il momento no, quello era tutt’altro che perfetto.
Faceste finta di nulla per mesi, ma poi fu evidente: i tuo problemi di lavoro, i suoi pensieri familiari, le vostre insicurezze personali, i vostri bagagli divennero sempre più grandi, ingombranti, insormontabili.
La passione che c’era all’inizio si trasformò nell’alimento per litigate furiose, a volte nate da semplici incomprensioni.
Vi amavate, senza ombra di dubbio, ma sembrava non bastare, sembrava non placare i tanti ostacoli che c’erano tra voi.
Così, alla fine, dopo l’ennesimo litigio di cui ora non ricordi neanche la causa, te ne andasti.
La scusa di un nuovo lavoro più sicuro fu perfetta per lasciare alle tue spalle quella città e quella donna che, eri sicuro, non erano più adatte a te, se mai lo erano state.
Vi sentiste per un po’, certo.
Parlavi di tornare qualche giorno.
Ma poi sparisti: eri convinto fosse la cosa giusta, per te e per lei… non rispondesti più al telefono, non la cercasti più, non ti facesti più trovare.
Due anni e non sei più tornato: la scusa, quella del lavoro, è sempre valida… nella tua nuova città hai trovato la tua Eldorado e hai anche provato a costruirti nuovi rapporti, che si sono inevitabilmente arenati.
Per un motivo o per l’altro nessuna storia ha superato uno o due mesi di “rodaggio”, nessuna donna è riuscita ad entrare in te come desideravi: potevi essere affascinato, rapito, intrigato, ma poi la magia sembrava dissolversi nel nulla.
L’ultima volta due sere fa: l’ultima vittima della situazione se n’è andata sbattendo la porta e rinfacciandoti che era impossibile amare un uomo che amava già un fantasma.
Di che accidenti stava parlando?
Cosa diavolo voleva dire?
Quale fantasma?
Una notte insonne per capire l’ovvio.
Eri riuscito benissimo a mentire a te stesso, ma chi sfiorava il tuo cuore lo trovava sempre e comunque occupato da Lei.
Per quanto ci avessi provato era Lei ciò che volevi.
E così hai preso, sei corso alla tua auto e sei partito, fregandotene di avvertire sul lavoro.
Avresti potuto chiamare, ma non era quel che volevi: dovevi correre da lei.
Oltre mille chilometri.
Alle otto di sera eri al suo portone, sperando che abitasse ancora lì, che fosse in casa, che fosse come nei film che hai sempre preso in giro.
– E tu cosa ci fai qui? Cosa vuoi?
– Ti prego, ascoltami, so che può sembrare una pazzia, ma ho sbagliato, ho sbagliato tutto, dovevo dirtelo, dovevo correre da te e dirtelo! Ti amo! Ti ho sempre amata! Ho provato a non amarti, ma non ce l’ho fatta. Io voglio te. Solo te.
Il suo silenzio. Conoscevi quel silenzio. Ti aveva sempre spaventato quel silenzio.
– E io ora cosa dovrei fare, secondo te? Scordare tutto? Scordare come te ne sei andato? Come sei sparito? Basta un “mi dispiace” e sei a posto?”
– Hai ragione, lo so. Sono stato uno stronzo. Sono stato quanto di peggio possa esistere. Ma dammi una possibilità, ti prego, una sola. Tornerò a stare qui. Tornerò al vecchio lavoro. Chiedimi quel che vuoi e lo farò, ma dammi una possibilità.
– È tardi.
Ha scosso la testa dicendolo.
– Non dire così, siamo qui. Possiamo provarci. Ti prego…
– È tardi, ti ho detto! Domani sera, a quest’ora, sarò sposata! L’avresti saputo mesi fa se ti fossi degnato di rispondere al telefono.
– No. Non può essere. Non è vero… Stai scherzando,vero? Dimmi che ti stai solo vendicando.
– Avevo deciso di aspettarti. Dentro di me sapevo che saresti tornato. Ma poi hai deciso di sparire del tutto ed io dovevo andare avanti. Ho conosciuto il mio futuro marito, è un brav’uomo, mi ama molto.
– Lui ti ama, ma tu? Tu lo ami davvero? Lo ami quanto amavi me?
– Non ti deve interessare. Non ti riguarda. Tu non c’eri più. Lui sì. Tu volevi scordarmi. Lui era qui. Il resto non conta.
– Per favore, ascoltami: se lo ami davvero, se davvero è l’uomo della tua vita, allora hai ragione, sono arrivato tardi e me ne andrò. Non me ne farò mai una ragione ma me ne andrò. Ma se non è così, se in cuor tuo sai di non amarlo, ti prego, ti scongiuro, non farlo, non fare lo stesso errore che in tutto questo tempo ho fatto io… Ti prego…
– Mi spiace. Ora, scusami, ma devo preparare ancora tante cose. Addio. Sii felice, se puoi.
– Aspetta, amore, aspetta…
E sei rimasto su quella soglia per non sai quanto tempo mentre le sue parole si ripetevano nella tua testa.
E ora eccoti qui: di nuovo su questo molo, dove tutto è cominciato, di nuovo al tramonto.
Le campane in lontananza cominciano a suonare e le tue lacrime a ogni rintocco bagnano di più il tuo viso.
È finita per sempre.
Era con te e l’hai mandata via e ora non potrai fare altro che biasimare te stesso.
Le campane smettono di suonare, è giunto il momento.
Ti sembra che il tuo cuore salti un battito.
Poi una voce, dietro di te…
“Senti, ma tu quanta voglia di pizza hai?”