Quasi volando
Oggi, tanto per cambiare, ho camminato più di 11 chilometri.
L’idea originale era quella di recuperare alcuni pensierini natalizi e un panettone di qualità, girovagare un po’ e poi tornare a casa: il problema è tarare il mio “un po'” e il mio piede, che ha trascorso la serata in ghiaccio, ringrazia.
Ma comunque.
Dicevo che ho camminato più di 11 chilometri andando da Porta Venezia al Duomo, al Castello a Piazza Gae Aulenti e di nuovo a Porta Venezia, un percorso che, con l’inizio della stagione natalizia, diventa modo di vedere addobbi in strade e negozi e gli allestimenti “ufficiali” in Piazza Duomo (quasi terminato), in Galleria (splendido come sempre) e nella mia piazza del cuore.
Quest’anno, sempre in piazza Gae Aulenti, è stata allestita una pista di pattinaggio a cielo aperto che è sempre piuttosto piena.
Mi diverte fermarmi a osservare chi pattina, tra quelli che prendono culate pazzesche e quelli che devono mettersi in mostra fregandosene del fatto che potrebbero travolgere i più lenti. Classico.
Io simpatizzo con quelli delle culate, non fosse altro perché il mio corpo non è mai stato omologato per pattinare, anche prima della distruzione del ginocchio: i tricipiti stirati a vent’anni per la violenza con cui mi attaccavo alla ringhiera sono il mio ricordo più vivo dei miei unici due tentativi di stare in piedi sul ghiaccio con quegli aggeggi infernali ai piedi.
Ma oggi l’attenzione è stata attirata da un pattinatore tutto speciale.
Avrà avuto non più di 4 o 5 anni.
Aveva questi piccoli pattini ai piedi, era attaccato un po’ alla madre e un po’ al pinguino-pattinatore fornito dall’organizzazione per i più piccoli.
Non si reggeva letteralmente in piedi.
Non intendo che scivolava ogni tanto e barcollava, no.
Avete presente quei cartoni animati in cui si vede qualcuno iniziare a scivolare e i piedi che fanno avanti e indietro senza fermarsi un momento, quasi in stasi, finché non capitombolano per terra?
Ecco, quel bimbo era così.
La madre cercava di spiegargli come fare, ma era una partita persa: quei piedi non avevano intenzione di fermarsi sul ghiaccio.
Scivolava e cadeva.
Costantemente.
Perché mi ha colpito tanto un bambino di 4 anni che non riesce a pattinare e scivola e cade?
Perché rideva.
Rideva felice.
Rideva come fosse la cosa più meravigliosa di questo pianeta.
Cadeva, sentiva il freddo sulle mani, toccava il ghiaccio, guardava la madre e rideva.
Si alzava, non riusciva a stare in piedi, quasi decollava e rideva.
Con la madre che un po’ si preoccupava non si facesse male e un po’ non poteva trattenersi dal ridere anche lei.
Lui rideva.
Cadeva e rideva.
Volava e rideva.
Decollava e rideva.
E io, oggi, ho imparato qualcosa da un bambino di non più di cinque anni.
O forse, semplicemente, mi ha aiutato a ricordare.
Giusto, dovremmo, guardare di piu’ i bambini e ridere con loro, o almeno, far uscire da noi ogni tanto, il nostro lato bambinesco che c’è ancora rimasto.
E sì.