Quando il nemico è in casa

Perché sì, non basta il fronte esterno, qui si combatte anche direttamente in casa e la cosa peggiore è quando il nemico sei tu stesso.

Io ho un rapporto molto particolare con l’ordine: non sono un generatore di entropia ambulante, ma tendo a lasciare le cose piuttosto in giro o, comunque, a portata di mano; i cassetti della scrivania, ad esempio, sono luoghi raramente esplorati in cui periodicamente scopro di aver messo cose che, effettivamente, ha senso stiano lì, salvo averle prima cercate ovunque.

Poi, periodicamente, mi prende quello che chiamo Il sacro fuoco in cui finisco per scatenarmi tipo Attila e rimuovere qualunque cosa ritenga non abbia più diritto di stare in questa casa: sono le fasi in cui anche Stitch, per sicurezza, si rifugia al sicuro, magari sotto il letto; non si sa mai.

Bene (giornata in cui volevo scrivere, ma non commentiamo) mi sono ricordato di dover togliere un ripiano alla libreria in sala, dato che martedì in quella posizione dovrà passare la canalina del condizionatore.
Chiunque ami i libri e abbia una casa piena di librerie può immaginare che momento di difficoltà estrema sia giunto subito dopo: riallocare DUE file di libri che erano lì da anni.
Non stiamo parlando di una decisione banale tipo “dove c’è posto?”, non scherziamo neanche: qui c’era la necessità di trovare una nuova logica di distribuzione in modo che lo spostamento portasse in una nuova condizione adeguata.
Non esiste che nelle mie librerie i libri siano posti in modo improvvisato, fatta eccezione per rari casi di libri singoli o difficilmente classificabili.
In sostanza, tra la rimozione del ripiano, lo spostamento (due volte, perché la prima non mi convinceva) dei libri e la scelta di alcuni da dare via (niente panico, sono libri da cui mi posso separare. Credo) se ne sono andate due ore.

E uno potrebbe dire che la giornata si poteva considerare conclusa.

Ma io no. Io devo strafare.

Così mi sono ricordato che nel mobile in sala ci sono quattro ripiani rimasti vuoti da quando ho buttato i bicchieri dei miei genitori, per cui (consultandomi con Miss Sauron che, in quel momento, stava guidando da Treviso a Bologna) ho deciso di iniziare a spostare all’interno piatti e accessori che, in cucina, occupavano spazio senza essere quasi mai usati.

Ma.

Ma mettere mano agli spazi in cucina vuol dire fare a volte ricerca archeologica e anche un po’ zoologica.

Sì, perché uno può scoprire di avere non uno ma due set per fare la Bouirguignonne di cioccolato (che, però, ci ha dato una buona idea per Natale, utile, dilettevole, frizzi e lazzi), circa quattro tazze di cui non ricordava l’esistenza, una pentola perfetta per il ragù che stava a prendere polvere (ed ha portato a una scambio di offerte tipo “tu fammi le lasagne, io leggo il tuo libro”), una borraccia di decathlon, millemila contenitore di vetro di ogni forma e misura e almeno quattro o cinque pentole in acciaio che non uso e probabilmente non userò mai.

Ah, e uno stampo per ciambelle. Faccio presente che Miss Sauron mi regalò il suo perché io pensavo di non averlo. Per dire.

E un portacandele.

Di vetro.

Che si è rotto quando una padella da frittata è caduta prima sulla mia testa e poi su di lui.

No, tranquilli, la testa non si è fatta troppo male, era ancora dolorante dallo shaker di acciaio che l’aveva colpita dieci minuti prima.

Ricordate che il tutto avveniva con Miss Sauron al telefono, che a un certo punto aveva paura di chiedere cosa fosse un certo rumore improvviso.

Comprensibile, dai.

Ma non basta ancora, perché se fai spazio in cucina decidi anche che forse, forse, le cose sui ripiani alti vanno esaminate per vedere se c’è qualcosa di scaduto.

Qualcosa.

A volte mi faccio tenerezza nella mia ingenuità.

Il qualcosa conta: mais per popcorn (data di acquisto non pervenuta, ma sicuramente precedente di almeno due o tre anni), due lattine di latte di cocco scadute nel 2014, pangrattato scaduto due giorni fa (dai, questo è quasi normale), orzata scaduta nel 2014, barattolo di sugo di pomodoro artigianale (anche in questo caso data di produzione n.p., gettato per evitare una nuova epidemia di peste), maizena scaduta nel 2014, bottiglia di olio di riso scaduta nel 2012 e, udite udite, tre pacchi di pasta scaduti tra il 2014 e il 2015.

La pasta, signori. Sono riuscito a far scadere la pasta. Questo, probabilmente, potrebbe farmi perdere la nazionalità italiana, vero?
Oddio, potrebbe anche non essere un male, se vogliamo.

Nel mentre sia messo agli atti che sono riuscito a versare del bicarbonato di sodio sul tavolo della cucina. Però quello non è scaduto.

Ah, c’erano anche due bottiglie di alcool etilico. Tutte e due a metà. Non chiedete, non saprei rispondere.

Ho finito pertanto alle 20 passate e solo perché mi sono costretto a non proseguire.

Stitch si è fatto vivo solo allora, a verificare se fosse sicuro avvicinarsi per andare a mangiare.

Questo mi porta ad alcune considerazioni.

  1. ho capito perché evito di mettermici troppo spesso; avrei bisogno di un mese di ferie ogni volta
  2. non mangio molta pasta (ma va?)
  3. è un sacco di tempo che non faccio bocconcini al curry (se no il latte di cocco non sarebbe scaduto)
  4. e i popcorn.  Perché non faccio popcorn?
  5. no, l’olio di riso non so a che servisse

Ma soprattutto: ho versato nel lavandino l’orzata, l’olio di riso e il bicarbonato; non vorrei dire, ma ho un brutto presentimento.

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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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