Una sera d’agosto
Prendere il treno chiacchierando con una ragazza che veniva a Milano per fare un colloquio e trovarsi a chiedersi, a fine giornata, come le sia andata.
Tornare a casa e rassicurare Stitch che per un bel po’ non mi assenterò così a lungo. Non so se ha recepito, ma nel dubbio non mi si stacca da dosso.
Preparare una quintalata di risotto al pomodoro perché qualcuna ne aveva voglia. E nonostante tutto rischiava di non bastare.
Andare a mangiare un burger vegano in un posto piccolo e delizioso. Primi clienti della serata, locale ancora vuoto. Gustare con gioia e relax.
Passeggiare in darsena giusto il tempo per pensare che sì, potremmo fare ora quella navigazione sul naviglio che puntiamo da un po’.
Detto fatto.
Quanto amo i detto fatto.
Quanto amo fare invece di dire “prima o poi si dovrebbe”.
Soprattutto ora.
Soprattutto in questi giorni.
Sopratutto quando si ha sete di vita per se stessi e gli altri.
E quindi farsi quell’oretta in nottura sul Naviglio Grande, tra guide registrate di cui si potrebbe fare a meno, qualche bimbo troppo urlante, ma alla fine chi se ne frega: c’è la meraviglia di vedere angoli di Milano da un lato diverso dal solito; di vedere la darsena dall’acqua.
Di cambiare punti di vista.
Tornare a casa appagati e ridanciani.
Saranno anche gli ultimi giorni di ferie, ma hanno il sapore dei primi di una nuova vita.