Vatti a deturpare
Oggi, scorrendo twitter, mi è capitato un “articolo” di un’articolista della Stampa, articolo che non andrò a linkare semplicemente per non fornire visualizzazioni.
In tale articolo, in risposta a una lettera che chiede se per lei i tatuaggi siano arte, l’illuminata autrice risponde che no, non lo sono, anzi sono “un disegno che deturpa il corpo” e poi aggiunge “i tatuaggi non sono né moda, né arte, neanche espressione artistica, ma un modo infantile e insicuro di dire al mondo: ehi ci sono anche io”, chiudendo poi concedendo che tutti, però, tranne suo figlio possono decidere del proprio corpo.
Grazie.
Gentile concessione la sua.
Da dove inizio?
Partiamo con un basilare: di solito è infantile non saper distinguere tra ciò che è la propria esperienza personale e ciò che è invece una realtà più generale; anzi, non solo è infantile, ma è sinonimo di una limitatezza mentale e di una incapacità di osservazione a dir poco imbarazzanti: caratteristica parecchio diffusa al giorno d’oggi, c’è da ammetterlo.
Sia chiaro: nessuno obbliga nessuna a gradire i tatuaggi e, tanto meno, a considerarli arte; certo, c’è da essere piuttosto aridi per non vedere il valore artistico di certi di loro, ma d’altronde c’è chi confonde la street art con le scritte sui muri, non dovrei particolarmente stupirmi, no?
La questione è che se la signora si fosse fermata qui, si sarebbe trattato solo dell’espressione di un suo legittimo quanto biasimabile parere.
Ma invece no, ha dovuto pisciare fuori dal vaso e affermare che tutti coloro che si tatuano non solo si deturpano il corpo (in nome di quale standard estetico, signora, il suo?), ma sono degli infantili insicuri che vogliono attirare l’attenzione.
Wow.
Che analisi psicologica profonda, soprattutto considerando che arriva da una laureata in economia.
Sono colpito.
Penso che probabilmente in qualche paesino di 200 abitanti sperduto sui monti o in qualche isolotto possano essere d’accordo con lei.
Nel mondo reale, invece, c’è da darle una brutta notizia: a chi si tatua, di attirare la sua attenzione o di chiunque altro non importa una fava.
Chi si tatua lo fa per se stesso, perché vuole portare sul proprio corpo qualcosa che può essere, certo, solo estetico, ma che spesso e volentieri è molto di più, è una rappresentazione di ciò che si è, è rendere il proprio corpo più proprio raccontando o ricordando a se stessi qualcosa.
Conosco persone che si sono tatuate come simbolo e ricordo di cambiamenti personali fondamentali, io stesso ne ho due che mi rappresentano e uno che simboleggia un cambiamento fondamentale, il mio essere uscito da grossi problemi e aver ricominciato a camminare; e il quarto (quando finalmente sarà pronto il disegno… presto, si spera) sarà in ricordo di Zen, com’è giusto e fondamentale che sia.
Eppure, per l’autrice, queste scelte sono infantili richieste di attenzione. E io non dovrei incazzarmi.
Il percorso, le motivazioni che portano a fare un tatuaggio, a sceglierlo, a decidere il dove sono talmente privati e importanti che quella frase è un insulto paragonabile a puro e semplice bullismo. È vergognoso e indecente e, soprattutto, denota l’immaturità autocompiaciuta che la signora indica in chi si tatua.
Poi, ovvio, ci sono anche persone che fanno tatuaggi per moda, perché li fanno altri, perché sembra figo: a parte che anche in quel caso sono fatti loro (non condivido le motivazioni, ma quelli sono altrettanto fatti miei), rimane la sostanza che no, chi si tatua veramente, chi ne ha più di uno, non rientra di sicuro in quella categoria.
Chi, invece, rientra in quella categoria (a dire dell’autrice stessa, sia chiaro) è, guarda caso, proprio suo figlio, che non solo vorrebbe tatuarsi e pur di convincere la madre sarebbe disposto a tatuarsi le sue iniziali.
Ecco. Mi spiace, signora, ma suo figlio non è un campione statistico e il fatto che sia disposto a tatuarsi le sue iniziali pur di fare un tatuaggio dovrebbe portarla a porsi un po’ di domande: non sui tatuati fuori da casa, ma su suo figlio.
Però su una cosa sono d’accordo: le sue iniziali, sulle braccia di suo figlio, lo deturperebbero: già vedo le future ragazze decidere di non concedersi una volta scoperto il significato di quelle due lettere.
No no, su questo ha ragione. Meglio evitare.
Si rischia di rovinare il buon nome dei tatuati, altrimenti.
Di deturparlo.