Carryin’ you
Piove, come fosse una novità.
La stanchezza si fa sentire, ma si tratta di stanchezza lavorativa e significa che c’è lavoro, per cui va bene così.
L’umore altalenante segue un po’ il clima, un po’ la voglia di vita, un po’ la ribellione per tutto il brutto che vedo costantemente in giro e contro cui lottare, anche solo moralmente, riesce a consumare fin troppe energie.
Per cui questa colonna sonora, stasera, sembra l’unica possibile.
Non è una canzone, non ho un testo da raccontare, non ho una storia ispirata dalle parole e poco importa (se non per curiosità) che sia tratta da un meraviglioso film d’animazione come Laputa.
No, quello che ho stasera sono le note di un pianoforte.
La malinconia che mi avvolge ascoltandole, il magone del tempo passato, delle persone e del bene perso, le delusioni, i dolori, le mancanze, le paure.
Gli occhi che si fanno lucidi, un po’ in linea con l’acqua che viene giù.
Eppure il pezzo si chiama “Carryin’ you”: trasportarti, portarti con me, sollevarti.
Sollevarti.
E quelle note, sì, avvolgono di malinconia, ma finiscono anche per sollevarti e ondeggiarti un po’, finiscono per carezzarti il viso, per dirti che puoi riposare anche solo qualche minuto, che ci pensano loro a portarti un po’ avanti. Non tanto, giusto il tempo per farti respirare.
Così, pur con gli occhi lucidi pensi a chi ami, guardi Stitch che dorme ai tuoi piedi, pensi alle tante storie da leggere, pensi alla tua che devi finire di scrivere. pensi alle fortune avute e a quelle che avrai, perché dovrai averle.
E sì, la malinconia non va via, ma forse, forse, forse, un po’ di calore lo senti.
Carryin’ you.
Chiudo gli occhi. Se vi va, fatelo anche voi.